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 Dall'Europa

04 Marzo, 2005
Le due Germanie: 20 anni di riunificazione: tanta retorica, pochi contenuti.
La RFT ha festeggiato in novembre i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino.

Le due Germanie: 20 anni di riunificazione: tanta retorica, pochi contenuti.
La RFT ha festeggiato in novembre i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino.
Le ricorrenze ufficiali sono sempre anche occasioni per riaffermare il nazionalismo di un Paese.
La RFT ha festeggiato in novembre i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino.
Dai politici ai mass-media(“Einheitsgipfel bei der Bild”), ma anche singoli cittadini si sono prodigati nell’enfatizzare la singolarità dell’evento.
Rievocando gli slogan dell’89, “cresce insieme ciò che si appartiene” (“es wächst zusammen was zusammen gehört”) viene fatto un quadro della situazione che ne evidenzia unicamente i lati positivi.
La DDR si è liberata dalla dittatura, il popolo si è deciso per la democrazia e il benessere.
Nella tradizione anticomunista la ex DDR viene dipinta come un regime invivibile fatto di controlli, censure, miseria materiale e culturale, rinunce e desolazione.
Se è senz’altro vero che nella Repubblica Democratica Tedesca, come in molti Paesi del socialismo reale, le condizioni di vita non erano ideali, che mancavano libertà e diritti fondamentali, che l’autonomia dell’individuo e la libera scelta erano enormemente limitate, va anche detto qualche aspetto positivo c’era pure. Innanzitutto, non il lusso, ma comunque la sicurezza materiale per tutti garantita da un seppur modesto posto di lavoro, senza essere dipendenti da umilianti e sanzionanti transfer statali.
Riguardo all’istruzione, tanto per fare un altro esempio, venivano favoriti per gli studi universitari i figli degli operai (a differenza della BRD in cui come dimostrano varie ricerche – vedi Pisa – chi proviene dagli strati sociali inferiori ha quasi zero possibilità di laurearsi). Sul piano sociale poi, in quanto la concorrenza era quasi inesistente, esistevano rapporti molto più spontanei fra le persone e le manifestazioni di solidarietà erano molto più diffuse.
Le donne trovavano facilmente lavoro e un infrastruttura capillare di asili e doposcuola consentiva loro di conciliare con grande facilità la sfera professionale con quella familiare.
Riguardo infine all’elaborazione della storia, è risaputo che nella DDR i criminali nazisti sono stati accusati e processati con molta più decisione che nell’ovest.
È quindi il colmo della perfidia che la Germania dell’Est in occasione dei festeggiamenti sia stata da alcuni politici paragonata alla Germania nazista.
Al contrario, è stato proprio questo “regime repressivo”, che ha fatto in modo che la
caduta del muro si concludesse in un party e non in una guerra civile, cosa che può succedere in questi frangenti in “stati sovrani”, come ha notato di recente Egon Krenz,
capo di stato della DDR all’epoca.
Ciò che nella discussione viene spesso tralasciato è inoltre che la DDR, come del resto gli altri Paesi del socialismo reale, è fallita principalmente per motivi economici.
L’apertura dei mercati, in seguito alla globalizzazione, all’inizio degli anni 80, ha reso le loro merci, la cui produttività era molto bassa, praticamente invendibili e ha dato il via al collasso prima economico e poi politico.
Lo scontento della popolazione, espresso in manifestazioni di massa, ha poi
portato al crollo definitivo.
Va specificato a questo proposito - e anche questo viene sistematicamente rimosso – che una gran parte dei leader del movimento di opposizione voleva sì superare il sistema allora esistente, ma non di certo per assoggettarsi a quello capitalistico.
Molti aspiravano ad un’altra forma di socialismo, più moderno e meno burocratico, altri cercavano una terza via, tutta da creare e costruire democraticamente dal basso. Il loro obiettivo non era la “colonizzazione” (come alcuni l’hanno definita) della DDR da parte della BRD, che invece si è imposta e ha introdotto le sue elite e il suo sistema in tutte
le sfere centrali della società, dalle istituzioni politiche all’amministrazione,
dall’istruzione alla giustizia.
Il risultato: la disoccupazione è in quasi tutti i Länder dell’est il doppio che nell’ovest. Il prodotto interno lordo (Pil) nell’est è solo il 71 percento di quello dell’ovest.
Quasi due milioni di persone dall’89 sono “emigrate” nella Germania Occidentale. Un terzo della popolazione della ex DDR si ritiene povera. L’avvenuta deindustrializzazione
ha portato disoccupazione, precariato e povertà.
La crescita e la modernizzazione economica si è limitata ad alcune regioni (come quelle di Dresda e Lipsia) mentre il resto sopravvive in modo estremamente modesto e in
gran parte grazie ai transfer statali.
Molte persone si sentono deluse, demoralizzate: cittadini di seconda classe. Il capitalismo, che doveva essere la salvezza della DDR è esso stesso in una profonda crisi, non
solo economica ed ecologica ma anche culturale e ideologica.
Il ventennio della riunificazione potrebbe a questo punto essere un’occasione per riflettere
e pensare, al di là di mistificazioni e ideologie e magari partendo dagli errori fatti finora da
entrambe le parti, a un nuovo sistema produttivo che non crei povertà ed esclusione, ma che usi le risorse e i mezzi esistenti in modo sensato e razionale.
(Norma Mattarei)

http://www.rinascita.de/rinascitaFlash.html

Monaco di Baviera.


La RFT ha festeggiato in novembre i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino.
Le ricorrenze ufficiali sono sempre anche occasioni per riaffermare il nazionalismo di un Paese.
La RFT ha festeggiato in novembre i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino.
Dai politici ai mass-media(“Einheitsgipfel bei der Bild”), ma anche singoli cittadini si sono prodigati nell’enfatizzare la singolarità dell’evento.
Rievocando gli slogan dell’89, “cresce insieme ciò che si appartiene” (“es wächst zusammen was zusammen gehört”) viene fatto un quadro della situazione che ne evidenzia unicamente i lati positivi.
La DDR si è liberata dalla dittatura, il popolo si è deciso per la democrazia e il benessere.
Nella tradizione anticomunista la ex DDR viene dipinta come un regime invivibile fatto di controlli, censure, miseria materiale e culturale, rinunce e desolazione.
Se è senz’altro vero che nella Repubblica Democratica Tedesca, come in molti Paesi del socialismo reale, le condizioni di vita non erano ideali, che mancavano libertà e diritti fondamentali, che l’autonomia dell’individuo e la libera scelta erano enormemente limitate, va anche detto qualche aspetto positivo c’era pure. Innanzitutto, non il lusso, ma comunque la sicurezza materiale per tutti garantita da un seppur modesto posto di lavoro, senza essere dipendenti da umilianti e sanzionanti transfer statali.
Riguardo all’istruzione, tanto per fare un altro esempio, venivano favoriti per gli studi universitari i figli degli operai (a differenza della BRD in cui come dimostrano varie ricerche – vedi Pisa – chi proviene dagli strati sociali inferiori ha quasi zero possibilità di laurearsi). Sul piano sociale poi, in quanto la concorrenza era quasi inesistente, esistevano rapporti molto più spontanei fra le persone e le manifestazioni di solidarietà erano molto più diffuse.
Le donne trovavano facilmente lavoro e un infrastruttura capillare di asili e doposcuola consentiva loro di conciliare con grande facilità la sfera professionale con quella familiare.
Riguardo infine all’elaborazione della storia, è risaputo che nella DDR i criminali nazisti sono stati accusati e processati con molta più decisione che nell’ovest.
È quindi il colmo della perfidia che la Germania dell’Est in occasione dei festeggiamenti sia stata da alcuni politici paragonata alla Germania nazista.
Al contrario, è stato proprio questo “regime repressivo”, che ha fatto in modo che la
caduta del muro si concludesse in un party e non in una guerra civile, cosa che può succedere in questi frangenti in “stati sovrani”, come ha notato di recente Egon Krenz,
capo di stato della DDR all’epoca.
Ciò che nella discussione viene spesso tralasciato è inoltre che la DDR, come del resto gli altri Paesi del socialismo reale, è fallita principalmente per motivi economici.
L’apertura dei mercati, in seguito alla globalizzazione, all’inizio degli anni 80, ha reso le loro merci, la cui produttività era molto bassa, praticamente invendibili e ha dato il via al collasso prima economico e poi politico.
Lo scontento della popolazione, espresso in manifestazioni di massa, ha poi
portato al crollo definitivo.
Va specificato a questo proposito - e anche questo viene sistematicamente rimosso – che una gran parte dei leader del movimento di opposizione voleva sì superare il sistema allora esistente, ma non di certo per assoggettarsi a quello capitalistico.
Molti aspiravano ad un’altra forma di socialismo, più moderno e meno burocratico, altri cercavano una terza via, tutta da creare e costruire democraticamente dal basso. Il loro obiettivo non era la “colonizzazione” (come alcuni l’hanno definita) della DDR da parte della BRD, che invece si è imposta e ha introdotto le sue elite e il suo sistema in tutte
le sfere centrali della società, dalle istituzioni politiche all’amministrazione,
dall’istruzione alla giustizia.
Il risultato: la disoccupazione è in quasi tutti i Länder dell’est il doppio che nell’ovest. Il prodotto interno lordo (Pil) nell’est è solo il 71 percento di quello dell’ovest.
Quasi due milioni di persone dall’89 sono “emigrate” nella Germania Occidentale. Un terzo della popolazione della ex DDR si ritiene povera. L’avvenuta deindustrializzazione
ha portato disoccupazione, precariato e povertà.
La crescita e la modernizzazione economica si è limitata ad alcune regioni (come quelle di Dresda e Lipsia) mentre il resto sopravvive in modo estremamente modesto e in
gran parte grazie ai transfer statali.
Molte persone si sentono deluse, demoralizzate: cittadini di seconda classe. Il capitalismo, che doveva essere la salvezza della DDR è esso stesso in una profonda crisi, non
solo economica ed ecologica ma anche culturale e ideologica.
Il ventennio della riunificazione potrebbe a questo punto essere un’occasione per riflettere
e pensare, al di là di mistificazioni e ideologie e magari partendo dagli errori fatti finora da
entrambe le parti, a un nuovo sistema produttivo che non crei povertà ed esclusione, ma che usi le risorse e i mezzi esistenti in modo sensato e razionale.
(Norma Mattarei)

http://www.rinascita.de/rinascitaFlash.html

Monaco di Baviera.

 


       


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