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 Dall'Europa

04 Marzo, 2005
Clima, la sfida di Copenaghen
Il summit sul clima nelle riflessioni di padre Giulio Albanese

Clima, la sfida di Copenaghen. Inutile nasconderselo. Di questi tempi ogni volta che si celebra in qualche parte del mondo un vertice in cui compare il termine 'globale', il fallimento lo si dà per scontato. Il summit sul clima nelle riflessioni di padre Giulio Albanese.

Le tappe

Corsa contro il tempo

Da Rio a Copenaghen, sul tavolo delle trattative le premesse per un possibile accordo globale sul clima. Per arrivare a un'intesa serve una risposta politica a ciò che la maggior parte degli scienziati indica come non più rinviabile.

La scheda

Chi inquina paga

Pur essendo in minima parte responsabili delle emissioni di gas serra, i Paesi poveri sono quelli che subiranno le conseguenze più disastrose. Anche 'per colpa' dell'Italia, undicesima nella classifica dei maggiori produttori di Co2.

Inutile nasconderselo. Di questi tempi ogni volta che si celebra in qualche parte del mondo un vertice in cui compare il termine "globale", il fallimento lo si dà per scontato. Che si tratti del recente vertice di Roma sulla sicurezza alimentare o di quello in corso a Copenaghen sul Clima, il copione è sempre lo stesso: dispendioso e inconcludente. Una sorta di carosello di personaggi illustri, statisti e ciambellani capaci di discettare da mattina a sera ma anche caparbi, ingegnosi e sregolati nel mistificare la realtà dei fatti, lasciando i buoni propositi nel cassetto, in nome di un presunto "interesse nazionale". Già sapevamo che nella capitale danese tutti avrebbero detto la loro e che ognuno avrebbe cercato di convincere l’altro che l’interesse di parte coincide con quello generale. Ma per restare con i piedi per terra dobbiamo prendere atto che la globalizzazione, in tutte le sue molteplici articolazioni e sfaccettature, ha davvero bisogno di redenzione. Ecco che allora la posta in gioco prim’ancora che sociale, politica o economica, s’impone per i suoi indiscutibili risvolti etici e culturali. Lo ha indicato in questi anni a chiare lettere il Magistero sociale della Chiesa, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, anche se poi le scelte dei ‘Grandi’ della Terra sono andate in altra direzione. La questione di fondo è la mancanza di volontà politica, perchè il primato del "dio danaro" non e' scosso dai bisogni effettivi della gente. Prendiamo appunto la questione climatica. Tutti sanno che il nocciolo del problema è rappresentato dalle emissioni dei Paesi ricchi e che a pagare le conseguenze sono sempre i poveri. D’altronde il diritto al cibo, all’acqua, alla salute e a una dignitosa dimora rischia di essere compromesso dai cambiamenti climatici se non si avrà il coraggio di mettere a punto strategie, vincolanti, ispirate al bene di tutti. Una cosa è certa: tutti gli sherpa che sono stati impegnati nella redazione dei documenti preliminari al summit di Copenaghen concordavano nel definire la materia "troppo complessa", soprattutto per le implicazioni di un testo finale sulla riduzione delle emissioni di Co2, in un tempo peraltro in cui gli effetti della recessione si fanno ancora sentire su scala mondiale.

Pil, benessere e buon senso
Sta di fatto che la conversione verde dell’economia, auspicata dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, rappresenta ancora l’azzardo dell’utopia. Tuttavia, non è lecito perdere tempo perché anche se a o nor del vero non è ancora dimostrato scientificamente che i cambiamenti climatici siano solo colpa dell’uomo, basta il buon senso per capire che dobbiamo avere maggiore cura del nostro pianeta, soprattutto per combattere gli squilibri sociali. Sovviene il pensiero decisamente innovativo del grande Serge Latouche, economista e filosofo di fama mondiale, punto di riferimento per coloro che sognano ardentemente un cambiamento del sistema, con la sua teoria, all’inizio del nuovo millennio, della "società della decrescita". In poche parole: consumare meno per vivere meglio, evitare gli sprechi, riscoprire le belle abitudini del passato. Un’utopia concreta, come la chiama lo studioso francese, oggi più attuale che mai, perché potrebbe salvarci dalla crisi globale. Secondo Latouche, la società capitalistica è votata al suicidio, come dimostrano il crollo delle banche, la distruzione della biosfera o l’emergenza rifiuti. È pertanto urgente "decolonizzare il nostro immaginario" da quei valori che l’Occidente ritiene universali, migliori di tutti gli altri. Leggendo i libri di Latouche, contrariamente a quanto riferiscono certe malelingue, si capisce subito che l’autore non è nemico della modernità, semmai è un uomo che si oppone a certe conseguenze del progresso, quali la dittatura del mercato finanziario e della sua mano invisibile. Ma è mai possibile che l’unico indicatore del nostro benessere debba essere il Pil, quando si sa invece che il benessere dipende anche da altre misurazioni, per esempio la qualità della vita? L’ideale sarebbe quello di creare, secondo alcuni autorevoli teorici dello sviluppo sostenibile, un sistema a doppia economia, vale a dire su due binari. La prima, legata al soddisfacimento dei bisogni fondamentali a gestione collettiva, fuori dagli attuali meccanismi speculativi dei mercati; la seconda, a conduzione privata, legata all’appagamento del superfluo. Potrà sembrare utopistico, ma non v’è dubbio che a questo punto è inevitabile la definizione di un sistema economico-finanziario alternativo, prima che sia troppo tardi.

L'Onu e la borsa dei governi
Per tornare al nostro ragionamento iniziale, sarà lecito domandarsi per quale motivo sia necessario organizzare questi vertici sulle 'emergenze' se alla fine della fiera ne esce, a parte lo spreco di denaro, una foto di gruppo o poco più? Non sarebbe allora più serio se, invece di spendere denari in vertici itineranti, le decisioni sui grandi temi fossero prese direttamente dall’Assemblea generale dell’Onu? Una possibilità che certo passa per una riforma di questa istituzione affinché possano fare sentire la loro voce tutte le nazioni e non soltanto i governi che detengono la borsa. Vorremmo che questa non fosse un’altra storia..

fonte: http://www.ong.agimondo.it/repository/clima-la-sfida-di-copenaghen

 

 


       


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