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 Dall'Europa

04 Marzo, 2005
UE Un brutto accordo non migliora il clima di G.Ragozzino
La Commissione presenterà al Consiglio europeo nel marzo 2010 una analisi dettagliata della conferenza di Copenaghen, in particolare per ciò che riguarda il passaggio di una riduzione dal 20%

UE Un brutto accordo non migliora il clima

Guglielmo Ragozzino

Il documento del Consiglio europeo, i 27 capi di stato e di

governo, al punto 23° recita così: «la Commissione

presenterà al Consiglio europeo nel marzo 2010 una analisi

dettagliata della conferenza di Copenaghen, in particolare

per ciò che riguarda il passaggio di una riduzione dal 20%

al 30%. Il Consiglio europeo procederà, su questa base a

valutare la situazione, compresi gli effetti sulla

competitività ....». Il punto 24° insiste: «Nel

contesto di questo accordo e del piano di rilancio

economico, è imperativo intensificare le azioni per

migliorare l'efficacia energetica delle costruzioni e le

infrastrutture energetiche, promuovere i "prodotti verdi" e

sostenere gli sforzi dell'industria dell'auto volti a

produrre veicoli più rispettosi dell'ambiente».

Nel primo dei punti citati si immagina un rapporto tra gli

organi europei simile, anzi più autoritario ancora,

rispetto a quello attuale. Ma la Commissione, nel 2010, non

sarà stata votata dal futuro Parlamento e non dovrà

rispondere in primo luogo a esso? Il veto nel consiglio,

tanto per dirne una, sarà abolito, con buona pace di

alcuni leader alla Berlusconi. E si sa bene che Parlamento e

Commissione hanno un atteggiamento molto più responsabile

in termini ambientali. E questo è davvero un fatto

importante, anche se troppo spesso persone responsabili,

come la cancelliera tedesca Angela Merkel, fanno finta di

dimenticarsene.

Gli scienziati assicurano che vi è un pericolo incombente

di riscaldamento globale. Sarà forse possibile sventarlo

con un atteggiamento rigoroso, facendo decadere molto

rapidamente la produzione di Co2. I prossimi dieci anni

saranno decisivi. Però il Consiglio che rappresenta i

nostri governi europei immagina e spera che alla Conferenza

di Copenaghen si intavoli una trattativa globale sul clima,

confrontando e mettendo sul bilancino le convenienze e i

costi. Dovrebbe piuttosto augurarsi che l'obiettivo generale

sia quello di ridurre le emissioni, tutti insieme, e

dovrebbe darsi da fare, il Consiglio, perché tutti gli

umani cooperino, aiutandosi per il bene e la sopravvivenza

comuni. Utilizzando tutto quello che c'è: denaro,

tecniche, braccia, esistenti sul pianeta.

Al punto 24°, il secondo dei punti presi in

considerazione, c'è un'affermazione forte, inequivocabile.

«E' imperativo intensificare le azioni per migliorare

l'efficienza energetica delle costruzioni...». Il nostro

paese aveva cominciato, in ritardo rispetto ad altri, a fare

qualcosa in materia. Era un provvedimento fiscale, un

abbattimento delle tasse pari al 55% della spesa che aveva

conseguenze sulla manutenzione complessiva, sull'industria

del ramo, sull'attività economica, sulla stessa volontà

dei singoli di pagare le imposte. Un semplice tratto di

penna l'ha tolto di mezzo.

Poi il governo ha balbettato qualcosa: quello che si è

capito è che vi era il sospetto di chissà quali inganni

e connivenze tra artigiani e inquilini. Altri sospetta che

prevalesse la preoccupazione inversa: che cioè,

rattoppando i buchi, si sarebbe ridotto e di molto il

fabbisogno di energia per scaldare o raffreddare gli

ambienti. E la quantità di energia in Italia, in assenza

di un piano nazionale, è nel dominio pieno di Enel, Eni e

pochi altri.

Altri paesi hanno fatto un tratto di strada nell'imparare

l'arte di ridurre le emissioni. Ora sono forti abbastanza

per venderla a chi è rimasto indietro. Peccato; poteva

essere il nostro business ambientale

 


       


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