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 Politica

04 Marzo, 2005
Crisi: fiducia senza governo. di Marilena Adamo
Con questo voto alla camera Berlusconi ottiene la fiducia per due voti, grazie a deputati transfughi

Crisi: fiducia senza governo. di Marilena Adamo
Con questo voto alla camera Berlusconi ottiene la fiducia per due voti, grazie a deputati transfughi e alcuni “acquisti”, ma la crisi di Governo che si trascina dallo scorso luglio e che tiene fermo un Paese bisognoso di scelte radicali e decisioni rapide, è sostanzialmente ancora aperta e si trascinerà per almeno due mesi. Ha ottenuto infatti la fiducia, ma non la governabilità. Il rifiuto ostinato e anti istituzionale di prendere atto della fine della sua maggioranza dopo le diverse sconfitte del governo, le dimissioni di ministri e sottosegretari, culminate in una mozione di sfiducia presentata prima dal PD e poi anche dai finiani, unito al ricorso spregiudicato a lusinghe e minacce per qualche voto, alla fine lo hanno premiato in questo primo round.
Ma da subito si pone il problema di “allargare la maggioranza”, cioè di fare un altro governo senza quel passaggio costituzionale che consiste nel rassegnare le dimissioni. E fino a quando ci riesce sarà ancora lui a dare le carte. Certo esce indebolito, certo il fronte delle opposizioni è più largo, ma è lui a tenere ancora in scacco il Paese. Inutili gli appelli di tanti: chiedere a Berlusconi di comportarsi come un leader politico che sente responsabilità verso il suo paese è, si sa, tempo perso.
Queste votazioni hanno dato a tutti la misura della distanza del palazzo dal Paese. Il popolo, a cui in tanti del PDL continuano a richiamarsi, nei giorni precedenti aveva pur fatto sentire con forza la propria voce. Sono mesi che ininterrottamente Camera e Senato sono circondati dal popolo: gli aquilani, i napoletani, i sindaci, tutte le forze dell’ordine, sindacati e aziende, imprenditori insieme agli operai, tutti contro la politica economica del governo, tutti a chiedere di cambiare o farsi da parte.
E anche il grande popolo del PD lo scorso sabato a Roma ha manifestato, non solo contro il Governo, ma per dimostrare la forza della possibile alternativa. (Approfondimenti e video discorso Bersani).
Il voto ha avuto anche l’effetto paradossale di rafforzare il terzo polo e dare più chance al disegno di Casini, dal momento che è venuta meno la possibilità di contendere la leadership all’interno del centrodestra da parte di Fini; è a Casini che ora guarda Berlusconi, e persino Bossi, per un nuovo, più solido governo.
E sui rapporti con questo terzo soggetto si è già aperta la discussione politica anche a sinistra e dentro il PD. Per quanto mi riguarda penso che un conto è il rapporto tattico tra opposizioni, che sarebbe sciocco non coltivare, un conto è proporre in questo particolare contesto una fase di transizione e responsabilità istituzionale che traghetti verso elezioni in un clima di concordia nazionale, altro è il progetto politico di medio periodo con cui presentarsi agli elettori, e quello di Casini è alternativo al PD.
Il PD oggi sarebbe l’unico grande partito in grado di offrire una proposta all’altezza della crisi se avesse più fiducia in se stesso e negli italiani , più fiducia nella politica e meno nel politicismo. Se concentrasse la propria azione sulle proposte sfidando il Governo - e anche il terzo polo - sulle soluzioni davanti ad un’opinione pubblica nauseata e nello stesso tempo condizionata.
All’altezza della crisi, abbiamo detto. Capace cioè di alzare la testa e guardare al mondo o almeno a quanto avviene in Europa. Si stanno decidendo cose essenziali per il nostro futuro, si sta rimettendo in discussione l’integrazione europea e l’euro, è in gioco il welfare state così come l’abbiamo conosciuto nell’Europa del secondo novecento. Tutti dicono: o si cambia o si muore. Ma c’è modo e modo di cambiare. Si possono restringere spazi, diritti, sviluppo a favore di una finanza che comandi indisturbata nel mondo globalizzato, o aprire nuovi spazi, rinegoziare regole, dar sviluppo e lavoro. Si possono fare pesanti sacrifici per pagare i debiti e condannarsi ad una vita miserrima o farli per garantirsi un futuro. Questa è la questione su cui si stanno confrontando in tutta Europa, al centro dello scontro tra centrodestra e centrosinistra ovunque
Questa è la questione su cui dare risposte ai giovani che manifestano, magari con parole d’ordine contradditore e modalità non sempre condivisibili, (non è dai movimenti che devono venire le soluzioni, ma dalla politica!).
Volutamente non ho parlato prima dei disordini dell’altro giorno perchè non voglio anch’io, come troppi, permettere che questi fatti oscurino sia la gravità della situazione politica che l’eccezionale presenza di giovani. Già questo ci dice che le violenze che ci sono state, ad opera non sappiamo ancora esattamente di chi, hanno prodotto un risultato inaccettabile, insieme all’altro già nell’aria in Italia come in altri paesi europei: giustificare la repressione, chiudere gli spazi del dibattito politico, legittimare decisioni sbagliate. Per questo mi unisco all’appello lanciato ai ragazzi del movimento di isolare i violenti, di non permettere il ripetersi di questi episodi, di sfilare a viso scoperto. “Chi ha lanciato un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza…Ogni gesto di violenza è stato un voto in più dato al Governo Berlusconi “. Così ha scritto Saviano nella sua bella lettera aperta pubblicata su Repubblica del 16/12/2010.

 


       


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