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04 Marzo, 2005
Sudan Verso i referendum
I referendum previsti per il 9 gennaio 2011 sono ormai diventati il tema principale in Sudan.

Sudan Verso i referendum
I referendum previsti per il 9 gennaio 2011 sono ormai diventati il tema principale in Sudan. Non solo quello che stabilirà se il Sud diventerà uno stato indipendente o se rimarrà a far parte dell'attuale Sudan, ma anche quello che deve decidere se il territorio di Abyei - al centro del paese - apparterrà al Nord o al Sud. I referendum sono una parte importantissima dell’accordo globale di pace firmato a gennaio 2005 che aveva concluso la guerra civile tra Nord e Sud scoppiata nel 1983.
In questi giorni sarebbero in corso intensi colloqui tra i rappresentanti del governo di Khartoum e quelli del governo del Sud Sudan per rinviare il referendum di Abyei. Lo ha riferito il quotidiano panarabo Asharq Al Awsat secondo cui per Khartoum lo svolgersi della consultazione entro quella data sarebbe «impossibile». Nei giorni precedenti erano falliti i colloqui in corso tra Nord e Sud, ad Addis Abeba in Etiopia, per risolvere la questione. Il 12 ottobre un comunicato ufficiale ha ammesso la crisi: «Nonostante gli sforzi congiunti non è stato possibile trovare un accordo condiviso sui criteri di eleggibilità per gli aventi diritto al voto del referendum sullo status della regione di Abyei». I due partiti che formano il governo di unità nazionale - il Partito del congresso nazionale (Ncp, al potere al Nord) e il Movimento popolare di liberazione del Sud Sudan (Splm, che governa il Sud) - hanno concordato di «incontrarsi nuovamente in Etiopia alla fine di ottobre per discutere della questione». Tra i principali punti di discordia ci sono la definizione delle frontiere, la composizione della commissione incaricata di organizzare la consultazione e le modalità della partecipazione delle tribù dinka ngok e missiriya. I colloqui tra gli ex ribelli dello Splm e il Ncp del presidente Bashir erano cominciati il 4 ottobre. All’incontro hanno partecipato anche i rappresentanti dinka ngok, quelli missirya e l’inviato degli Stati Uniti in Sudan, Scott Gration.
Dopo le indiscrezioni su un possibile rinvio, il governatore di Abyei, Deng Arop Kuol, membro dello Splm, ha minacciato l’organizzazione di un referendum “unilaterale” qualora Khartoum confermasse il posticipo.
Rivalità etniche e petrolio. La questione è resa ancor più complicata da due fattori: quello etnico e quello economico. I leader e gli anziani missirya, etnia nomade che gravita attorno all’area di Abyei e che spesso si è scontrata in modo anche molto violento con i dinka ngok per questioni soprattutto di pascolo e bestiame, hanno detto che non accetteranno nessuna decisione che non contempli la loro partecipazione. Il Sud Sudan si oppone invece al voto dei missirya al referendum perché ritiene la zona di Abyei pertinenza esclusiva dei dinka ngok.
Il secondo aspetto è il petrolio: Abyei rappresenta uno snodo strategico per l'industria petrolifera sudanese. Stabilire se esso appartiene al Nord al Sud, significa decidere anche se quel petrolio è del Nord o del Sud.
Bashir e Kiir, messaggi contraddittori. Il presidente sudanese Omar el Bashir in un discorso al parlamento ha dichiarato che non accetterà dalle urne un «responso alternativo all'unità». Bashir ha accusato lo Splm «di stare venendo meno agli accordi» avvertendo che se le questioni rimaste in sospeso tra Khartoum e Juba non dovessero essere risolte prima della data del referendum, esse costituiranno una fonte di contrasto peggiore di quelle che dividevano i due fronti prima del 2005. Una perifrasi che alcuni osservatori hanno così decifrato: se Ncp e Splm non troveranno un accordo prima del referendum, si potrebbe creare una situazione peggiore di quella che è stata affrontata con venti anni di guerra civile. Lo stesso Bashir era però intervenuto poco prima cercando di smorzare le dichiarazioni di un ministro che aveva minacciato la discriminazione di tutti i sudsudanesi che vivono al nord, nel caso in cui si concretizzasse la secessione [vedi Newsletter 65 del 1 ottobre 2010]. Per Bashir «La protezione dei cittadini sudsudanesi è una priorità e una responsabilità per questo governo».
Truppe sul confine? Ormai però la tensione cresce in modo evidente e segnali di grande preoccupazione arrivano anche dalla comunità internazionale. Diplomatici del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno ipotizzato un rafforzamento della presenza dei “peacekeeper” in alcune zone “cuscinetto” lungo il confine amministrativo tra Nord e Sud Sudan. Finora si tratta però appunto solo di un’ipotesi. Unmis, la missione dell’Onu incaricata di garantire il rispetto degli accordi di pace, può contare su quasi 10.000 uomini, la gran parte è però dispiegata nelle città meridionali di Juba, Wau e Malakal. Anche il presidente del Sud Sudan e vicepresidente del Sudan, Salva Kiir, avrebbe chiesto alla Unmis di presidiare il confine tra Nord e Sud. L'esercito di Khartoum ha invece accusato il Sud di aver spostato soldati verso il confine, ma Kiir ha seccamente smentito.
Le reazioni africane. Il leader libico Muammar Gheddafi durante il suo intervento al vertice afro-arabo svoltosi a Sirte il 10 ottobre, ha sottolineato che «quello che sta per succedere in Sudan potrebbe diventare una pericolosa epidemia che rischia di infettare tutta l’Africa». Nel caso in cui, come molti osservatori pronosticano, dovessero vincere i sì – e quindi il Sud diventasse indipendente - «tale partizione non avrebbe immediate conseguenze solo nel paese ma nella regione e nell’intero continente».
Anche il presidente della Commissione africana Jean Ping ha sottolineato che «i referendum su Abyei e il Sud Sudan costituiscono una preoccupazione, considerata la complessità delle questioni pre e post-referendarie ancora da risolvere».
Il 14 ottobre Daniel Arap Moi, ex presidente del Kenya e attualmente inviato kenyano in Sudan, ha dichiarato che Nairobi si aspetta un «Sud Sudan libero» dopo il 9 gennaio visto che «tutti i segni indicano chiaramente che i sudsudanesi voteranno per l'indipendenza». Il Kenya diventa così il secondo stato della regine a parlare ormai apertamente di un Sud Sudan indipendente, dopo che il presidente dell'Uganda Yoweri Museveni si era spinto ad affermare che Kampala avrebbe riconosciuto l'indipendenza del Sud Sudan anche se questo avesse comportato la rottura di relazioni diplomatiche con altri paesi africani che non accetteranno un'eventuale indipendenza.
A metà novembre le registrazioni dei votanti. Cominceranno il 14 novembre le registrazioni di votanti per il referendum in Sud Sudan: lo ha annunciato Chan Reec, vicepresidente della Commissione ad hoc, precisando che la registrazione proseguirà per tre settimane fino al 4 dicembre. «Il problema tempo esiste, ma stiamo facendo quanto è possibile per rispettare le scadenze» ha aggiunto Reec. I seggi elettorali saranno dispiegati su tutto il territorio nazionale, ma solo i cittadini che potranno provare le loro origini meridionali avranno accesso alle urne. I sud sudanesi all’estero potranno votare anche in Uganda, Kenya, Etiopia, Egitto, Australia, Regno Unito, Stati Uniti e Canada.

fonte: Informazioni Campagna Sudan info@campagnasudan.it

 


       


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