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 Pace

04 Marzo, 2005
Armi: accordo o nu inefficace e con scappatoie
Occorre mobilitarsi contro l'inerzia internazionale nell'adozione di misure di condanna del commercio di armi

La riforma, controriforma, della legge 185/90 che limitava a livello nazionale la liberalizzazione del commercio di armi verso paesi esteri, magari già vittime di una guerra o di conflitti civili interetnici o interculturali o di natura economica, in Italia ha provocato, giustamente, preoccupazione nell'ambito dell'opinione pubblica pacifista, interessata a preservare i diritti di autodeterminazione dei popoli e degli essere umani, in quanto soggetti giuridici aventi personalità giuridica inalienabile nei propri elementi fondanti. Questo atto di grave pericolo per le violazioni dei diritti civili è ulteriormente confermato, a livello internazionale, dalla presenza di un accordo che riterrei essere non solo inefficace, ma assolutamente inutile. Non prevedendo nessun tipo di sanzione per i Paesi commercianti armi di piccolo o medio taglio e di vario calibro, magari illegali, verso paesi esteri, in molti casi luoghi di conflitti latenti o reali, l'accordo o nU prevede la non vincolatività delle conseguenze dell'accordo medesimo e prevede, infine, l'assoluta mancanza di qualsiasi limitazione interna della produzione e della commercializzazione delle armi. Non solo: l'accordo non prevede nessuna certificazione e registrazione delle armi medesime, rendendo inutile la reperibilità della portata del materiale bellico e decretando l'impossibilità di intervenire, nazionalmente o internazionalmente, a emettere atti che vietino l'ulteriore messa in circolazione delle armi medesime.

La Rete Italiana per il disarmo, di cui sono componente, invita a prendere seriamente la possibilità di mobilitazione politica, informativa e di denuncia, contro un atto internazionale non solo insensato, ma improprio per affrontare con chiarezza e determinazione la questione inerente la commercializzazione delle armi. L'Italia, secondo dati ultimi, è tra i primi 6 paesi che maggiormente producono armi esportandole nei paesi stranieri, fornendo, così, materiale bellico a stati già angariati da situazioni interne di alta tensione civile e sociale. E' opportuno, per difendere il valore espresso nell'articolo 1 della Dichiarazione fondativa dell'ONU, la promozione della pace e della cooperazione internazionale, principio recepito da quella dizione "ripudia la guerra" espressa nell'articolo 11 della Costituzione riguardo l'Italia come solutrice di questioni internazionali, tramite la solidarietà internazionale e la cooperazione con i popoli e il dialogo tra gli stati, agire contro tale inerzia dolosa degli stati che detengono alti interessi economici e finanziari nel preservare un'industria bellica maggiore fornitrice di materiali e di strumenti che alimentano la strategia assassina delle guerre permanenti, preventive, globali e di distruzione di massa.

Fraterni saluti

Alessandro Rizzo

Berretti Bianchi - Milano

 

 

Armi: accordo o nu inefficace e con scappatoie.

Le organizzazioni promotrici della campagna Control Arms Amnesty International, Oxfam International e Iansa denunciano che la mancata intesa su un sistema di rintracciabilita’ legalmente vincolante significhera ’ che commercianti di armi privi di scrupoli continueranno a vendere armi ai responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e a criminali di guerra, facendo perdere le loro tracce. Per le tre organizzazioni, inoltre, il fatto che il ‘Processo delle Nazioni Unite sulle piccole armi’ abbia impiegato quattro anni per produrre un cosi’ misero risultato costituisce un pericoloso precedente. La maggior parte dei governi aveva sostenuto un accordo piu’ forte e legalmente vincolante che comprendesse sia le armi che le munizioni, ma l’opposizione di un piccolo gruppo di paesi particolarmente Usa, Iran ed Egitto ha vanificato l’opportunita’ di incidere concretamente sulle attivita’ dei commercianti di armi.

 

L’accordo istituira’ un sistema di registrazione dei numeri di serie delle armi leggere e di piccolo calibro quando sono vendute o trasferite tra paesi. Il problema, secondo la campagna Control Arms, e’ che si tratta di un accordo essenzialmente volontario. ‘Persone innocenti in paesi poveri continueranno a pagare il prezzo della mancanza di un sistema legalmente vincolante di tracciabilita’ delle armi letali’ ha dichiarato Anna MacDonald, direttrice delle campagne di Oxfam. ‘I paesi che si comportano bene continueranno ad agire correttamente, ma per quei paesi che vendono regolarmente armi ai peggiori regimi del pianeta gli affari proseguiranno come prima. Oggi e’ piu’ probabile rintracciare una valigia smarrita che proiettili per una mitragliatrice’.

 

Oltre a essere di natura volontaria, l’accordo e’ reso ulteriormente debole da due scappatoie. In primo luogo, esclude del tutto le munizioni, le granate e gli esplosivi. Spesso, i bossoli e i caricatori vuoti sono l’unico indizio utile riscontrabile sul luogo in cui e’ avvenuta un’atrocita’ e sarebbe quindi vitale marchiare le forniture di munizioni per poterle rintracciare. Escluderle dall’accordo, al contrario, significhera’ aiutare i trafficanti e gli assassini a evadere la giustizia. Inoltre, una scappatoia esplicitamente prevista dall’accordo consente a qualunque paese di rifiutare di fornire informazioni su vendite di armi per motivi di ‘sicurezza nazionale’. Si teme che questo argomento sara’ un alibi di comodo per coloro che vendono armi a regimi oppressivi.

 

‘E’ ridicolo escludere proiettili ed esplosivi da un accordo globale sulla rintracciabilita’, quando essi vengono usati ogni giorno per uccidere, sopprimere, cacciare e intimidire persone indiscriminatamente. Questo accordo limitato ed essenzialmente volontario vale meno del pezzo di carta su cui e’ stato scritto’ ha criticato Denise Searle, direttrice delle campagne di Amnesty International. L’anno scorso, le cartucce rinvenute sul luogo di un massacro avvenuto a Gatumba, Burundi, in cui erano state assassinate 150 persone, riuscirono a dimostrare la provenienza delle munizioni da Cina, Bulgaria e Serbia. Ma l’assenza di qualsiasi sistema di rintracciabilita’ impedi’ di scoprire come fossero giunte in Burundi. Se ci fosse stato, chi aveva venduto quelle munizioni agli assassini sarebbe oggi sotto processo e ulteriori forniture avrebbero potuto essere fermate.

 

‘E’ oltraggioso che una manciata di paesi abbia ostacolato un accordo utile che avrebbe potuto fare davvero la differenza’ ha aggiunto Rebecca Peters, direttrice di Iansa, la Rete internazionale d’azione sulle armi di piccolo calibro. Sebbene a giudizio della campagna Control Arms ci sia poco da festeggiare in questa occasione, alcuni timidi passi avanti vanno comunque tenuti in considerazione: il dovere degli Stati di assicurare che tutte le armi leggere e di piccolo calibro illegali rinvenute sul proprio territorio siano marchiate e registrate oppure distrutte, e l’obbligo di tenere un registro completo di tutte le armi marchiate per almeno 20 anni. Istituire un sistema globale vincolante di rintracciabilita’ delle armi leggere, delle armi di piccolo calibro e delle munizioni e’ uno degli scopi della campagna Control Arms, lanciata da Oxfam International, Amnesty International e Iansa nel 2003. Il principale obiettivo della campagna e’ la richiesta di un Trattato internazionale sul commercio delle armi, che metta al bando tutti i trasferimenti di armi che potranno contribuire a violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario.

 

Per approfondimento: Rete italiana per il disarmo

 


       


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