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 Ecumenici

04 Marzo, 2005
Ecumenici
fine settembre 2007

Abbiamo in passato raccolto farmaci, interessato Amnesty International , giunte cittadine come quella di Busto Arsizio;

adesso è arrivato il tempo di riprendere le lotte e la preghiera

Mai dire mai

www.informacarcere.it

Campagna per l’abolizione dell’ergastolo

È nato fra gli ergastolani un vero e proprio movimento, spontaneo e autonomo che lotta per l’abolizione della pena perpetua. Essi chiedono l’abolizione dell’ergastolo perché imprigionare una persona per sempre è come toglierle tutto e non lasciarle niente, neppure la sofferenza, la disperazione, il dolore. Con l’ergastolo la vita diventa una malattia, e gli ergastolani non vengono uccisi, peggio, sono lasciati morire. La pena dell’ergastolo supera i limiti della ragione e fa diventare esclusivamente corpi parlanti.

Dal primo di dicembre 2007 numerosi ergastolani inizieranno uno sciopero della fame a sostegno dell’abolizione dell’ergastolo (si veda un precedente documento). La figlia di un ergastolano, che è venuta a sapere dell’iniziativa, ha scritto a suo padre:

- Il primo dicembre farò lo sciopero della fame insieme a te, non m’importa che tu non sia d’accordo, questa non è solo la tua lotta, non è solo la lotta degli ergastolani, questa è anche la mia lotta…

Da qui l’idea di coinvolgere i parenti, amici, conoscenti, cittadini comuni, le associazioni alla nostra iniziativa. Chi se la sente di digiunare qualche giorno insieme a noi aderisca ufficialmente sottoscrivendo una breve dichiarazione e inviandola per posta alla Associazione Pantagruel, via Tavanti 20, 50134 Firenze (o per mail: asspantagruel@virgilio.it ),

Il sottoscritto……………………………………………parente, amico, semplice cittadino, ecc. dell’ergastolano……………………………………………del carcere…..……………………per solidarietà allo sciopero della fame organizzato da un gruppo di ergastolani dichiara che dal primo dicembre digiunerà per uno o più giorni a sostegno dell’abolizione dell’ergastolo.

Luglio 2007

Questa newsletter lancia domani in occasione di una trasmissione su Telelombardia alle ore 20.30

la giornata di preghiera ecumenica in favore della campagna “Mai dire mai” che sosteniamo come nostra.

“L’amore fraterno rimanga tra di Voi. Non dimenticate l’ospitalità perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli. Ricordatevi dei carcerati, come se foste in carcere con loro; e di quelli che sono maltrattati, come se anche voi lo foste!”

Ecumenici

Anno VIII nr° 3

Non chiedo di essere esentato dai pericoli, chiedo il coraggio per affrontarli. Non prego che il mio dolore sia alleviato, prego di avere il coraggio per affrontarlo. Non cerco alleati sul campo di battaglia della vita, cerco la mia forza. Non prego con ansiosa paura di essere salvato, ma spero di avere la pazienza per conquistare la mia liberta'.

Preghiera tradizionale buddista

L’amico Claudio Torrero ci ha inviato stamani l’articolo che segue, prima che arrivassero le notizie dell’inizio della repressione e dei morti a Yangon. Gli incidenti più gravi sono avvenuti nei pressi della pagoda di Sule.

L’INSEGNAMENTO DEI MONACI BIRMANI

Claudio Torrero

Non è possibile non provare intensa commozione di fronte alle immagini dei monaci buddhisti che sfilano per le strade del Myanmar. Non è possibile, per quanto poco si conosca della situazione di quel paese, per il valore simbolico di quelle immagini, per quel che comunicano a ciò che più autenticamente ci fa uomini.

Possiamo ignorare quasi tutto della storia di quella nazione, che ancora confusamente i più ricordano come Birmania; e pensare genericamente a una dittatura militare non troppo diversa da tante altre che, a diverse latitudini del pianeta, hanno afflitto e affliggono paesi politicamente deboli, per lo più usciti con incerto esito dal colonialismo e sottoposti al predominio di interessi altrui. Altri popoli, di vari continenti, hanno sofferto questa sorte, e cercato in vario modo di resistervi; e da parte di chi in particolare riconosce le proprie radici storiche nella resistenza al nazifascismo, non può mancare una profonda simpatia e solidarietà. Più in generale è lecito pensare che, in un mondo che avvertiamo unificarsi a passi sempre più rapidi, in cui valori come la democrazia e la libertà sono proclamati costantemente, il permanere di condizioni di oppressione palese sia una contraddizione evidente, e perciò un peso non più tollerabile per la coscienza collettiva.

Chi poi appena abbia facoltà di soffermarsi, non tanto sugli eventi, quanto sullo specifico contesto in cui essi si producono, non può evitare di riflettere sulle convulsioni che travagliano, e certo non da oggi, il più vasto dei continenti, quello che ospita attualmente la metà della popolazione mondiale: l’Asia. Quell’Asia che non a caso ha visto e vede svolgersi i maggiori eventi bellici dopo la fine della seconda guerra mondiale: la guerra di Corea, poi quella del Vietnam, e ancora l’interminabile guerra del Medio Oriente. L’Asia ricca non solo di popolazione ma anche di risorse energetiche, indispensabili per la macchina produttiva delle società industriali. L’Asia infine che si sta industrializzando a propria volta a tappe forzate, dal cui grembo emergono nazioni che sono dirette eredi di alcune tra le civiltà più antiche e splendide del mondo, che una travagliata quanto rapida metamorfosi conduce oggi a disputare all’Occidente il predominio nell’economia mondiale.

Ecco dunque la Birmania, o Myanmar che dir si voglia (ma questo nome fu imposto dal regime militare), compresa in una più vasta regione comunemente nota come Indocina, in quanto storicamente percepita come terra di confine in cui si sovrappongono le sfere d’influenza delle due più grandi civiltà asiatiche, l’indiana e la cinese. E non a caso l’India e la Cina, i due giganti economici e politici dell’Asia, seguono con imbarazzo gli eventi birmani, a causa dei coinvolgimenti economici che hanno in quel paese. A dir il vero più la Cina, il cui sistema autoritario costituisce il principale alleato del regime birmano; ma anche l’India, che, pur essendo erede dello spirito di Gandhi e la più popolosa democrazia del mondo, ha dovuto scendere a compromessi con quel regime, non foss’altro che per contrastare l’influenza cinese.

Ma infine l’Asia, e questo è ciò che i monaci birmani riportano improvvisamente alla coscienza, è anche la grande patria di tutte le più diffuse religioni mondiali: sia dei monoteismi sorti dal ceppo ebraico, sia delle correnti mistiche scaturite dal cuore dell’India. Il Buddhismo è una di queste correnti. Dominante in India per circa un millennio, mentre si andava diffondendo in gran parte dell’Asia, si è poi pressoché estinto nella sua terra d’origine, continuando invece a impregnare lo spirito di altri popoli: dalla Cina al Giappone, dall’Indocina al Tibet alla Mongolia.

Oggi la situazione storica che il Buddhismo vive è particolare. Mentre da un lato il suo cammino ha raggiunto l’Occidente, dove viene incontro a un’esigenza di ritorno alla ricerca spirituale, conosce proprio in Asia un profondo sradicamento. Soprattutto in Cina la modernizzazione, imposta dal regime comunista, ha comportato un’opera di distruzione di ogni tradizione e radice spirituale. Sotto questo aspetto l’occupazione del Tibet, e il pervicace rifiuto di qualsiasi accordo con il Dalai Lama, è la rappresentazione simbolica di questa violenza che la Cina ha compiuto contro se stessa, disconoscendo la propria anima profonda.

Detto per inciso, poiché, proprio in questi giorni in cui si svolgono le manifestazioni dei monaci birmani, il Dalai Lama è stato ricevuto in Germania dalla Merkel malgrado le proteste cinesi, giova ricordare che il sostegno alla causa tibetana è il miglior servizio che l’opinione pubblica internazionale possa fornire a una possibile evoluzione della situazione in Cina, a cui senz’altro concorre la rinascita religiosa attualmente in corso in quell’immenso paese.

Veniamo dunque ai monaci birmani. L’immagine più stereotipata che del Buddhismo si ha in Occidente è quella di una fuga dal mondo, una concentrazione su se stessi che esclude l’impegno civile. E’ evidente che quanto accade mostra esattamente il contrario. Mostra che il radicamento nella dimensione interiore della preghiera e della meditazione può dare il coraggio di affrontare sistemi di potere dotati di una schiacciante superiorità materiale. E’ quanto aveva ben capito Gandhi: ciò che comunemente chiamiamo nonviolenza, lui lo indicava prevalentemente col termine satyagraha, traducibile con forza della verità. Cioè solo chi persiste in un rapporto indefettibile con la verità può trovare la forza di operare con efficacia un cambiamento sociale secondo giustizia. La trasformazione sociale ha la sua radice nella trasformazione personale.

Di null’altro si parla che della forza della fede, qualunque sia l’identità assunta: che non si confonde col fanatismo e anzi lo esclude in quanto disinteressata. Nel Buddhismo questo disinteresse è coltivato attraverso una disciplina rigorosa, che trova la sua più compiuta manifestazione nella vita monacale. Si tratta di rinunciare non solo agli allettamenti del mondo ma soprattutto a quelli dell’io, meditando sul fatto che quest’ultimo non ha reale consistenza. Io non esisto separato dagli altri e da tutto ciò che mi circonda. Non esisto come separato destino, ma come interdipendenza con tutto ciò che vive e con tutta la realtà. Per questa ragione e con questa consapevolezza tutto quanto accade mi riguarda e sollecita la mia responsabilità. Io sono chiamato al servizio degli altri, a donare me stesso agli altri, a prodigarmi per il bene di chi è inseparabile da me.

Questo ci mostrano i monaci birmani, questo è il loro insegnamento. Un insegnamento che i credenti di ogni fede possono accogliere, che fa risuonare dentro ciascuno le corde che gli sono più proprie. Un insegnamento che si comunica a ogni essere umano, in quanto capace di riconoscere in sé, irriducibile a ogni condizione economica, politica e sociale, il nucleo spirituale della propria umanità.

Claudio Torrero è co-presidente del Centro Studi Maitri Buddha di Torino e direttore responsabile della rivista interreligiosa ‘Interdipendenza’

***

Firma anche tu: saremo veramente un fiocco di neve che diventa valanga

La tutela dei dati personali è una questione di democrazia

20 settembre 2007

E' in corso al Senato un nuovo tentativo di svuotare la legge sulla protezione dei dati personali, a danno dei cittadini e dei lavoratori e a favore delle imprese. La Commissione Industria sta esaminando gli emendamenti alla cosiddetta "lenzuolata Bersani". In seguito alle pressioni di forti organizzazioni imprenditoriali, alcuni parlamentari di entrambe gli schieramenti hanno proposto che tutte le imprese siano esonerate dal predisporre le misure minime di sicurezza a tutela dei dati personali.

Prima dell'estate la Camera aveva già introdotto questo esonero per le imprese con meno di 15 dipendenti. Ora si vorrebbe estendere la cosa a tutte le aziende, violando così la normativa comunitaria, che non consente di sottrarre intere categorie di titolari del trattamento dall'ambito applicativo della disciplina della sicurezza dei dati personali.

Secondo la nostra legge ciascun titolare del trattamento ha l'obbligo di adottare misure di sicurezza "idonee" a ridurre "al minimo" i rischi di distruzione o di perdita, anche accidentale dei dati o di accesso non autorizzato ai dati stessi, ed è esposto a responsabilità per risarcimento del danno ove non riesca a provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il pregiudizio eventualmente verificatosi. Tutto ciò verrebbe ora cancellato per le imprese. Già era grave l'esclusione delle piccole imprese.

L'estensione a tutte le aziende è addirittura paradossale, oltre che gravemente lesivo dei diritti dei cittadini. Basti pensare ai dati, anche sensibili, dei lavoratori dipendenti da queste imprese. Un esempio? Le notizie riguardanti la salute. E' un micidiale attacco ai diritti fondamentali.

Ma se tale approccio si rivela come un indizio preoccupante di una deriva sociale che antepone i profitti ai diritti dei cittadini, può trasformarsi in un boomerang per le stesse aziende.

Infatti, se tale esonero può apparire nell'immediato come un "risparmio" per le aziende, avrà l'effetto di ingenerare perplessità e sfiducia nei lavoratori e nei clienti, che non si sentiranno più adeguatamente tutelati, sollecitando i consumatori a preferire quelle imprese che la privacy la considerano un valore da tutelare e un asset della propria attività.

Tale esonero determinerà anche un freno alla spinta innovativa di quelle aziende che nella tutela e nel corretto trattamento dei dati personali hanno trovato uno stimolo per innovare procedure e professionalità e ampliare la propria offerta di servizi.

Ancora più grave è però che gli stessi emendamenti prevedono l'eliminazione delle tutele per le persone giuridiche, gli enti e le associazioni. Si dà il via libera alla schedatura delle associazioni con l'effetto di limitare grandemente il diritto alla libertà di associazione, critica e libera manifestazione del pensiero che sono il sale di ogni democrazia.

Per questo chiediamo al Parlamento di intervenire subito per impedire un attacco tanto micidiale alla libertà dei cittadini.

Stefano Rodotà, Fiorello Cortiana, Carlo Formenti, Arturo Di Corinto

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Ecumenici di domenica 8 aprile 2007 – 04 Marzo, 2005
Ecumenici maggio 2007 – 04 Marzo, 2005
Ecumenici 13 maggio 2007 – 04 Marzo, 2005
Ecumenici del 20 giugno 2007 – 04 Marzo, 2005
Newsletter del 1 agosto 2007 – 04 Marzo, 2005








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