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 Pace

04 Marzo, 2005
Armi italiche in Algeria
sempr epiù attuale l'invito di Pertini:"Svuotate gli arsenali e riempiteli di grano"

Care e cari,

da tempo come componente del tavolo dell'Obiezione alle spese militari e come referente di Milano dell'Associazione pacifista Berretti Bianchi seguo, anche nell'ambito del Coordinamento Fermiamo la Guerra di Milano, di cui le due realtà sono componenti e membri, il tema della riconversione dell'industria bellica in industria civile per il progresso sociale.

La questione che ho sollevato è datato, ma sempre rimane di forte attualità e di forte problematica civica e internazionale.

Conosciamo tutte e tutti noi le parole di Pertini:"Svuotate gli arsenali e riempiteli di grano" e sappiamo tutte e tutti noi come grandi mobilitazioni soprattutto negli anni 70 abbiano con coerenza sostenuto l'importanza di promuovere un progressiv disarmo unilaterale delle potenze mondiali per poter realmente applicare ciò che è scritto nell'articolo 1 della Carta Fonbdativa dell'ONU: ossia la garanzia della pace con la forza della diplomazia e della supremazia del dialogo, del confronto, della solidarietà internazionale e tra i popoli. Tutto questo è ancora oggetto di attualità politica internazionale odierna, alla luce delle guerre criminali che continuano a proliferare nel mondo, sostanzialmente finalizzate a procacciare alle superpotenze le risorse energetiche necessarie per poter incrementare i profitti delle multinazionali e degli interessi corporativi consociativi dei potentati economici.

Guerra significa distruzione, morte; ma singifica anche licenziamenti e precarietà, tagli allo stato sociale, impoverimento dei molti, la massa popolare, a beneficio dell'arricchimento dei pochi, gli industriali collusi con il sistema capitalista che vive e si nutre dell'esercito e delle armi per creare l'occupazione finalizzata a godere delle risorse presenti nei territori liberi e autodeterminati degli stati occupati militarmente.

La spesa militare è utile al grande capitale ed è danno per gli interessi e i diritti dei lavoratori e delle classi più povere, più indigenti, medie e impiegatizie.

Nonostante la storica battaglia sul disarmo e sulla riconversione delle industrie militari in industrie civili, ancora oggi abbiamo la vergogna tutta italiana del primato nell'esportazione e nel sostegno economico finanziario cooperativo - se così si può definire - nel campo dell'industria militare e di armi. La legge 185 è stata elusa in modo vilipendioso dall'attuale maggioranza, che ha permesso in modo perentorio la liberalizzazione del commercio di armi anche nelle zone di potenziali o concreto conflitto. Come in Algeria, se prendiamo il caso qui sotto riportato.

Questo articolo testimonia quanto al governo attuale interessi incrementare lo sviluppo del commercio di armi per arricchire gli interessi capitalistici del "capitalismo provinciale italiano a discapito delle convenzioni internazionali e della promozione della pace nel mondo, tramite l'espressione che rende concreta questa "utopia positiva": il ripudio della guerra. Un ripudio che deve essere non solo scritto ma deve trovare elementi che aiutino a renderlo effettivo, concreto, reale e possibile: come era l'attuazione della legge 185, oggi violata e prettamente elusa.

Un fraterno saluto

Alessandro Rizzo

 

 

Export bellico

> 10/05/2005

>

> Armi italiche in Algeria

> Luciano Bertozzi

>

> Approvato l'accordo di cooperazione militare Italia-Algeria,

> nonostante le documentate accuse di violazioni dei diritti umani

> perpetrate dal governo di Algeri.

>

> Con l'approvazione definitiva della Camera dei Deputati l'accordo di

> cooperazione con l'Algeria è diventato legge, con il voto contrario di

> tutto il centrosinistra. L'intesa si propone di sviluppare la

> cooperazione nell'acquisto di armi, nello scambio di tecnologie

> relative ad equipaggiamenti militari, industriale e lo svolgimento di

> esercitazioni congiunte. Dal punto di vista operativo la definizione

> degli interventi è demandata agli Stati Maggiori delle Forze Armate

> dei due paesi.

>

> Perché è stato voluto un accordo che rafforza i legami militari con un

> paese il cui governo - secondo Amnesty International - è responsabile

> di gravi violazioni dei diritti umani ed in cui la guerra civile,

> peraltro non terminata, ha causato più di centomila vittime?

>

> «L'Italia è il primo partner commerciale, quindi il consolidamento

> delle relazioni bilaterali appare assolutamente prioritario - ha

> affermato alla Camera il sottosegretario agli Esteri Boniver - anche

> in considerazione della forte collaborazione in campo energetico. La

> cooperazione nel settore militare che ci ha peraltro consentito di

> aggiudicarci importanti commesse, fra le quali vanno annoverate alcune

> forniture di elicotteri all'esercito algerino, potrà avere positive

> ricadute sulle imprese italiane. Dal provvedimento in esame potranno

> infatti derivare benefici in alcuni settori produttivi e commerciali

> dei due paesi costituenti in varia misura l'indotto delle politiche

> della logistica e degli armamenti».

>

> Più chiaro di così. In sostanza si tratta di offrire notevoli

> opportunità di sviluppo all'industria militare, in gran parte sotto il

> controllo dello Stato, come se le armi fossero una merce qualsiasi. Il

> governo in Parlamento ha respinto la richiesta di trasparenza,

> mediante un'apposita informativa alle Camere su quanto effettivamente

> realizzato in base all'accordo.

>

> La cooperazione industriale potrebbe consentire di rafforzare un

> `industria algerina della difesa, in tal modo si favorirà la

> proliferazione degli armamenti.

>

> Inoltre, nei confronti dell'Algeria è stata introdotta una sorta di

> corsia preferenziale, fino ad ora limitata ai paesi NATO o dell'Unione

> europea che semplifica le procedure per le vendite di armi.

>

> Di fatto si assiste ad un ulteriore svuotamento della legge 185/90 che

> nel disciplinare questo particolare commercio ha vietato le

> esportazioni ai paesi belligeranti, i cui governi siano responsabili

> di gravi violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani

> o beneficiari degli aiuti italiani della cooperazione allo sviluppo

> con elevate spese militari. Algeri nel 2001 ha speso oltre tre

> miliardi di dollari per il militare, più del 6% del Prodotto interno

> lordo.

>

> È evidente quindi che l'Algeria non potrebbe essere un nostro cliente,

> invece nel 2004, secondo dati ufficiali, sono stati autorizzati

> contratti per oltre 20 milioni di euro. Invece di agire per la

> soluzione pacifica delle controversie il governo intende rafforzare

> gli apparati militari algerini che si sono macchiati, secondo Amnesty,

> di molti crimini.

>

> L'Accordo del resto è coerente con la volontà di Berlusconi di

> sostenere l'industria militare, il premier stesso si è autodefinito

> "commesso viaggiatore" di tale produzione e la recente commessa di

> elicotteri alla casa bianca è stata ottenuta grazie alla presenza dei

> soldati italiani in Iraq. È necessario voltare pagina, la società

> civile deve imporre la riconversione della produzione militare al

> settore civile ed un severo controllo delle esportazioni di armi.

>

>

 


       


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