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 Sociale

04 Marzo, 2005
Quanti sono i lavoratori precari
Un interessante studio a cura di Emiliano Mandrone e Nicola Massarelli da lavoce.info

I buoni risultati sul mercato del lavoro che giungono dalla Rilevazione sulle Forze di lavoro dell’Istat, ed in particolare il calo del tasso di disoccupazione (6,8%, media 2006), sono in larga parte da attribuire all’occupazione a termine, che ha contribuito per il 46% alla crescita dell’occupazione complessiva.

Tale crescita, che oggi assume una connotazione positiva, ha però un'altra faccia della medaglia: la precarietà.Negli ultimi anni la precarietà lavorativa ha coinvolto un numero di lavoratori sempre crescente: da disagio individuale è così divenuta un fenomeno sociale che riguarda non solo il mercato del lavoro dei giovani, ma anche le loro scelte riproduttive, i conseguenti comportamenti economici e le ricadute complessive sugli equilibri previdenziali attuali e futuri.

La questione precarietà, pertanto, ha scalato l’agenda politica. Malgrado ciò le sue dimensioni sono quanto mai incerte, tanto che proliferano numeri diversi, che fanno riferimento a concetti e a fonti informative diverse.

Un numero difficile da calcolare
La stima del numero dei lavoratori precari presenta, effettivamente, diverse difficoltà. La prima è di carattere concettuale: la precarietà, pur riferita in generale a uno stato di insicurezza lavorativa, è una condizione sfumata, che coniuga situazioni oggettive con sensazioni individuali.
L’associazione che generalmente viene fatta tra precarietà e lavoro temporaneo nelle sue diverse forme contrattuali è una approssimazione che non tiene conto della complessità e delle opportunità dell’attuale mercato del lavoro. Infatti, tale approccio limita l’area della precarietà all’occupazione escludendo quello che potremmo definire "the dark side of the moon", composto da coloro che non hanno più un lavoro proprio in quanto precari. Invece, è insita in un mercato del lavoro flessibile l'alternanza di periodi di occupazione e periodi di non occupazione. -
Le persone che in un dato momento sono occupate con contratti temporanei sono precarie esattamente come quelle che in quel momento non sono occupate perché è finito un contratto a termine. Rilevare in una indagine campionaria una persona che generalmente lavora con contratti a termine nel periodo in cui lavora o nel periodo in cui non lavora è una questione puramente accidentale.
La stessa persona, se osservata più volte nel corso dell'anno, potrà risultare a volte occupata e a volte disoccupata, ma il suo rapporto col mercato del lavoro è esattamente lo stesso; la sua natura di precario emerge a prescindere dall'essere occupato o meno in un dato istante temporale. Inoltre, la componente non occupata del precariato è forse quella politicamente più rilevante in quanto ha bisogno di sussidi, di contributi figurativi, di ammortizzatori sociali, eccetera. Una definizione "operativa" di precarietàNon è nostra intenzione in questo articolo definire i contorni concettuali della precarietà lavorativa né analizzarne le implicazioni sociali. Con un approccio pragmatico, intendiamo invece proporne esclusivamente una definizione "operativa", che includa
a) i lavoratori a termine involontari;
b) i collaboratori che presentino forti indizi di subordinazione – siano coordinati e continuativi, a progetto, occasionali, oppure a partita Iva;
c) le persone non più occupate perché hanno concluso un contratto temporaneo e che tuttavia sono ancora sul mercato del lavoro.

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