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 Ecumenici

04 Marzo, 2005
Al teologo cattolico svizzero Hans Küng è stato recentemente attribuito il Premio Lew Kopelew
Per il dialogo tra cristiani e musulmani - La newsletter di Ecumenici

(V.E.) - Cristianesimo, ebraismo e islam hanno radici comuni in Adamo e Abramo, credono nel Dio unico e conoscono l´esortazione all´amore per il prossimo. Perché dunque si registrano oggi delle tensioni tra queste religioni?
I musulmani non hanno mai dimenticato, fino a oggi, le cinque grandi fasi di conflitto che ci sono state tra islam e cristianesimo. Le conquiste musulmane hanno portato, nel 7. e nell´8. secolo a un duro confronto con Bisanzio (l´Impero romano d´Oriente) e con la Spagna. Nel 12. secolo ci sono state le Crociate, e più tardi l´espansione ottomana con la conquista di Costantinopoli. Il quinto grande scontro, conseguenza del colonialismo, ha portato all´estendersi del predominio delle potenze cristiane dal Marocco all´Indonesia.

Ma quelle non sono state guerre di religione...
In parte sì, invece. Entrambi gli schieramenti hanno fatto riferimento anche a motivi teologici: da parte musulmana si parla di jihad, da parte cristiana dell´idea di crociata. Anche negli scontri più recenti, che si concentrano in modo particolare intorno alla questione palestinese, sono in gioco, da tutte le parti, motivazioni religiose. Le religioni non sono la causa di quei conflitti, ma sono in grado di dare ad essi delle dimensioni che possono portare al fanatismo.

...e perciò l´islam viene dipinto, in Occidente, come il nemico.
Soprattutto negli Stati Uniti viene alimentata e diffusa, con ogni mezzo, l´immagine di un islam ostile e nemico. Un tempo c´era un anticomunismo ideologico, oggi c´è una islamofobia ideologica.

Nel quadro di una situazione così tesa, come è possibile promuovere gli elementi che uniscono le religioni?
La maggioranza dei musulmani dovrebbe sapere, malgrado tutto, che il Dio a cui rivolge le proprie preghiere è lo stesso al quale rivolgono le loro preghiere anche cristiani ed ebrei. "Allah" non è il nome di un Dio musulmano, bensì il nome arabo che anche i cristiani arabi usano per rivolgersi a Dio nelle loro preghiere cristiane. La maggioranza dei musulmani dovrebbe sapere che Isa (Gesù) riveste un ruolo importante nel Corano. Molti cristiani ignorano invece che molte narrazioni cristiane si trovano anche nel Corano: nel libro sacro musulmano c´è ad esempio il racconto del Natale. Entrambe le religioni si rendono conto, poco per volta, che sul piano etico sussistono norme e valori etici comuni. Si tratta di norme e valori che ho sottolineato nel mio Progetto per un´etica universale (Projekt Weltethos).

Crede che sottolineando gli elementi che islam e cristianesimo hanno in comune si possa trovare la chiave per permettere l´integrazione?
Il clima di paura e diffidenza che regna oggi, nel quale ogni musulmano è indicato come un potenziale terrorista, non rende certo facile il processo di integrazione. Molti musulmani non si sentono accettati in Svizzera. Questa situazione non migliorerà finché non saremo in grado di sottolineare anche gli elementi che abbiamo in comune. Fortunatamente questo è un processo che qua e là è già iniziato, ad esempio nell´ambito dell´insegnamento della religione nelle scuole.

L´islam vive ancora in una fase preilluminista, questo non preclude la possibilità di un vero dialogo con il cristianesimo?
Non dimentichiamo che anche la chiesa cattolica ha accettato il cambio di paradigma introdotto dalla Riforma e dall´Illuminismo solo nel 20. secolo, all´epoca del Concilio Vaticano II. L´islam si trova oggi di fronte alla stessa necessità di passare attraverso un processo di riforma e deve fare i conti con l´Illuminismo. Questo cambiamento comporterà l´adozione di una lettura storico-critica del Corano, l´accettazione dei diritti umani e l´introduzione del principio della separazione tra stato e religione.

Che cosa possono imparare i cristiani dai musulmani?
Che la religione non è una questione esclusivamente privata, ma dovrebbe avere delle conseguenze sul comportamento dell´individuo nella società. Che la fede nel Dio unico non dovrebbe essere oscurata dai culti dedicati ai santi e nemmeno da un´eccessiva concentrazione sul Cristo, che eleva Gesù allo stesso livello di Dio.

E che cosa possono imparare i musulmani dai cristiani?
Il messaggio di Gesù. Proprio certi accenti contenuti nel Sermone sul monte - il perdono, l´amore per i nemici, la costruzione della pace - contribuiscono a chiarire la figura e il messaggio di Gesù. L´islam può inoltre imparare dal cristianesimo che oggi non è più possibile sostenere l´identificazione tra stato e religione, quella identificazione che è stata promossa a lungo anche dal cristianesimo. La persona di fede può accettare pienamente una società secolarizzata e vivere, in essa, il proprio impegno. In Turchia si sta sperimentando, in questi anni, il modello di una democrazia islamica. Al di là della questione dell´eventuale entrata della Turchia nell´Unione Europea, si tratta di un esperimento che merita di essere seguito con attenzione.  

(intervista a Hans Kunz a cura di Matthias Herren, Saemann; trad.it. P.Tognina)


Il Progetto per un´etica universale (Projekt Weltethos), promosso da Hans Küng, si basa sulla convinzione secondo cui le religioni del mondo potranno dare un contributo effettivo alla pace nel mondo solo se troveranno un accordo su una base etica comune, costituita da valori, norme e principi condivisi da tutte. La Fondazione Weltethos (Etica mondiale), creata nel 1995, si prefigge di promuovere il raggiungimento di tale obiettivo.
Il sito del Progetto Weltethos  www.weltethos.org/

 

 

Ecumenici

Leonhard Ragaz

Anno VII°, numero 18

Partecipa con un contributo volontario alle nostre necessità compilando un bollettino di conto corrente postale a favore di Maurizio Benazzi, Via A. Vespucci, 72 - 20025 Legnano MI, con causale Ecumenici,  c.c.p. nr. 30592190. E´ anche possibile effettuare un bonifico bancario sullo stesso conto, con la stessa intestazione e causale,  indicando le seguenti coordinate:  codice ABI 07601, CAB 01600 CIN K: i fondi raccolti saranno utilizzati per un investimento annuo di sviluppo che è preventivato per circa € 1.100 + IVA

 

Quando lo Spirito è all´opera, abbiamo sempre a che fare con qualcosa di tangibile, visibile, udibile. Abbiamo a che fare con un´autentica realtà terrena, irradiata e riempita di senso dalla presenza di Dio.

Joerg Zink

 

 

A fraylikhen purim!!

 

We wish you a happy and merry purim!!!!

Avrom and Shoshannah, Channah and Yoni Brombacher-Miller

 

Shoshannah Brombacher, Ph.D.
Brooklyn, New York
shoshbm@aol.com

 

 

 

LA SEGNALAZIONE

 

Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli
Aderente all'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia "Ferruccio Parri"
13019 Varallo - via D'Adda, 6 - tel. 0163-52005 ; fax  0163-562289
istituto@storia900bivc.it  -  www.storia900bivc.it

 

 Ci permettiamo di segnalare il nostro sito Internet, che si occupa di storia contemporanea non solo relativa alle province di Biella e Vercelli ma anche italiana ed europea. I principali temi affrontati sono: Resistenza, fascismo, antifascismo, deportazione, internamento, seconda guerra mondiale, movimento operaio e contadino, guerra civile spagnola.
I materiali sono articolati in varie sezioni:
* Editoria o n line, in cui è possibile accedere alla quasi totalità degli articoli pubblicati nella nostra rivista "l'impegno", edita dal 1981;
* Storia o n line, che offre saggi e ipertesti di storia contemporanea, perlopiù basati su ricerche realizzate dall´Istituto;
* Didattica o n line, che propone lavori di didattica della storia del Novecento, risultato di corsi di aggiornamento, ricerche scolastiche e interventi di animazione teatrale promossi dall´Istituto;
* Invito alla lettura, contenente alcuni brani tratti dalle pubblicazioni più recenti dell´Istituto, acquistabili anche o n line;
* Strumenti e La storia contemporanea in rete, che forniscono al visitatore i mezzi per orientarsi nel web e rintracciare i più significativi siti che si occupano di storia contemporanea;
* Luoghi della memoria, che presenta alcuni luoghi della memoria della storia contemporanea tra i più significativi del Vercellese, del Biellese, della Valsesia ed anche di altre zone, non solo italiane.
E' inoltre ospitato il sito dell'Archivio fotografico Luciano Giachetti - Fotocronisti Baita (Vercelli), che propone numerose gallerie fotografiche.
Se è interessato a ricevere regolarmente informazioni sulle novità nel sito (ed eventualmente sull'attività dell'Istituto, sulle pubblicazioni, ecc.) potrà compilare e inviare il modulo della mailing list presente nel sito stesso.
Grati per l'attenzione, con i migliori saluti.
Il direttore
Piero Ambrosio

 

 

 

Il carattere laico e pubblico della scuola:

punti di vista a confronto

 

Tavola rotonda di www.associazione31ottobre.it

 

Un punto di vista protestante

 

l´insegnamento del fatto religioso: prospettive e problemi aperti

 

Luciano Zappella

Vicepresidente dell´Associazione 31 ottobre

Insegnante - Bergamo

 

 

0. introduzione

Svilupperò il mio discorso tenendo sullo sfondo due tesi, tra loro intrecciate, la cui dimostrazione risulterà implicita (spero) nello svolgimento dell´argomentazione:

1.       solo una forte competenza religiosa è garanzia di laicità e che la laicità non può prescindere da una forte competenza religiosa. In altri termini, significa passare da una laicità areligiosa ad una laicità plurireligiosa o, per riprendere Régis Debray, da una «laicità di incompetenza» ad una «laicità di intelligenza»[1].

2.       la tutela della libertà religiosa è libertà dalla tutela delle religioni; e l´istruzione religiosa è un aspetto essenziale della libertà religiosa.

 

1. Lo scenario: il ritorno del sacro

A parere dell´antropologo Clifford Geertz, negli ultimi anni del Novecento, si è verificato uno «slittamento enorme nel campo della sensibilità religiosa»[2], cioè uno spostamento della spiritualità, del senso del sacro, della devozione rituale dalla sfera della coscienza personale alla sfera dell´esperienza pubblica. Il campo della vita sociale e politica ha preso il posto degli «stati di fede»[3], cioè il sentimento privato, profondo e palpitante della religione. «Troppe cose che si vorrebbero definire religiose», conclude Geertz, «avvengono fuori dall´interiorità dell´uomo. A volte, anzi, ci sembra che quasi ogni cosa religiosa accada al di fuori dell´interiorità». La percezione contemporanea del sacro ha assunto i tratti di un labirinto sempre più sfuggente e rischioso, sia perché attribuisce all´i­dentità religiosa un ruolo di primo piano nella struttura politica collettiva (finendo in questo per mettere in crisi valori forti come la tolleranza e la riconciliazione) sia perché priva il dibattito sulla cultura sacra di un elemento chiave, vale a dire il confronto con gli strati più oscuri e nascosti della personalità, ovvero con quello che un altro maestro della ricerca spirituale novecentesca, il francese René Guénon, aveva definito il lato notturno della ragione, il nucleo più profondo di ogni culto, di ogni tradizione e di ogni idea religiosa[4].

 

2. il fatto: la scuola e l´insegnamento religioso in Europa

In questo scenario, caratterizzato dalla dimensione sempre più pubblica, quindi politico-sociale, del religioso, è più che mai necessario un rinnovamento dell´ insegnamento religioso a scuola, un insegnamento che esca dagli angusti recinti della confessionalità e dell´opzionalità per assumere pari dignità rispetto ad altri insegnamenti (il che significa che deve avere un valore culturale, cognitivo, pedagogico, educativo).

Detto in altri termini, l´insegnamento religioso non può più servirsi della scuola per trasformarla in una sorta di "agenzia del sacro" che rafforza le identità religiose facendole sempre più autoreferenziali e chiuse in se stesse, ma deve servire la scuola, facendo sì che essa diventi lo spazio pubblico in cui si argomentano le differenze in una cornice di confronto democratico e laico.

Nella quasi totalità dei paesi europei esiste una sorta di doppio canale[5]: insegnamento confessionale[6] e un insegnamento alternativo aconfessionale di natura etico-religiosa[7]. Da più parti si fa notare che, di fronte alle impietose cifre della pratica religiosa (si va dal 20-25% di paesi come l´Irlanda e l´Italia, all´8-10% della Francia, al 3-5% dei paesi scandinavi), di fronte al fenomeno del post-cristianesimo (Believing without Belonging), di fronte ai flussi migratori e alla conseguente pluralizzazione religiosa, di fronte a nuove forme di spiritualità, questo sistema, ma soprattutto l´insegnamento confessionale, si sta rivelando sempre più insufficiente.

Senza entrare nel dettaglio delle varie situazioni[8], a livello europeo si possono individuare tre approcci fondamentali all´insegnamento religioso[9]. L´approccio separatista (tipico soprattutto della Francia) estromette l´insegnamento religioso dalla sfera della scuola pubblica in base al principio per cui l´istruzione religiosa è di competenza esclusiva della famiglia e delle comunità religiose. L´approccio cooperativo è tipico dei paesi (Italia, Spagna, Portogallo, Belgio, Germania, Finlandia) che prevedono un insegnamento religioso confessionale, pur all´interno di una cornice di neutralità dello stato rispetto al fatto religioso. L´approccio integrazionista è invece caratterizzato da una dimensione più pluralista dell´insegnamento religioso, concepito come istruzione non tanto sulla religione quanto piuttosto sulle religioni. Tale approccio prevale in quei paesi che hanno o si sono appena lasciati alle spalle una tradizione di chiesa di stato (Inghilterra[10], Svezia, Danimarca), a dimostrazione di come spesso il confessionalismo, se intelligente, non sia necessariamente sinonimo di chiusura[11].

 

3. il problema: come insegnare?

Come ogni tipo di insegnamento, anche l´insegnamento del fatto religioso pone specifici problemi di natura epistemologica. Non essendo questa la sede per approfondire tutti gli aspetti della questione (né le mie competenze non me lo consentirebbero), non intendo offrire risposte. Mi limiterò a puntualizzare quelli che a me sembrano due snodi cruciali.

 

a. Il primo riguarda il tipo di approccio all´insegnamento religioso: deve essere confessionale (ma cosa significa "confessionale"?) o scientifico (e cosa significa "scientifico"?). Visto che qui stiamo parlando di scuola primaria e secondaria, e non di insegnamento universitario, ogni tentativo di parlare scientificamente della religione dovrà arrestarsi di fronte al suo aspetto soggettivo (la fede) che ne costituisce il fondamento; ogni credente sa che la fede non si insegna (la fede si comunica "da fede a fede", come dice Paolo, Lettera ai Romani 1,17). Di conseguenza, un approccio scientifico farebbe svaporare quell´esperienza viva e vitale che costituisce il reale fondamento delle religioni (e forse anche il suo aspetto più interessante, spesso anche drammatico)[12]. Al tempo stesso, un insegnamento del fatto religioso che coincida con un´analisi dell´esperienza soggettiva dell´alunno finirebbe per contraddire, da un lato, l´esigenza, tipica di ogni insegnamento, di mantenere una certa distanza dall´oggetto studiato, e, dall´altro, la necessità del mantenimento di uno spazio pubblico e di ricerca comune. Si correrebbe il rischio dell´esaltazione dell´identità intesa come separazione e incomunicabilità, specie in presenza di visioni diverse del fatto religioso fra gli studenti. Ciò non solo negherebbe alla scuola la sua funzione, ma invaderebbe anche il campo d´azione delle confessioni religiose.

Il problema insomma è individuare un modello che si muova tra una visione oggettivante (storia delle religioni) e una visione soggettivistica-psicologizzante (insegnamento confessionale).

 

b. Secondo snodo: a cosa deve puntare l´insegnamento religioso? Sicuramente all´incremento delle conoscenze (sapere) della propria e dell´altrui religione, ma più ancora, deve puntare all´incremento delle capacità (saper fare) e delle competenze (saper essere). Lo statuto stesso delle religioni esige un approccio particolare: ci si deve accostare ad esse tenendo presente il loro carattere opinabile e problematico di testimonianze, di oggettivazioni di esperienze, ma al tempo stesso non devono essere isolate dal loro contesto vitale (che poi è l´unico nel quale ci è dato incontrarle), vale a dire la storia. Pertanto, più che puntare sul modello materia (ce ne sono già troppe e la tendenza è a diminuirne il numero), bisognerebbe puntare su una disciplina che sia tarata non sulla pretesa di stabilire verità universali, ma sulle concrete esigenze formative degli studenti. Provvisorietà (ipotesi di lavoro diverse a seconda del progetto educativo-formativo che si intende persegure), sperimentalità (cosa mi serve sapere per regolarmi nella complessità del religioso) e interdisciplinarità (come mi confronto con un universo di significati spesso incomprensibili in una società tanto secolarizzata quanto multireligiosa) dovrebbero essere i tratti distintivi di questo approccio.

 

4. le proposte: cosa insegnare?

Sul fatto che l´istruzione religiosa sia un elemento fondamentale per la formazione umana e culturale che la scuola pubblica deve garantire c´è un consenso generalizzato. Sui contenuti e le metodologie le opinioni invece divergono. A titolo puramente indicativo e senza la pretesa della completezza, indico le proposte a mio parere più significative emerse negli ultimi anni[13].

 

-        All´insegna dell´appello lanciato da U. Eco «perché Omero sì e la Bibbia no?», l´Associazione Biblia è stata tra le prime, già all´inizio degli anni Novanta, a sostenere l´importanza dello studio della Bibbia nella scuola italiana, sulla base dell´idea per cui l'approccio alla Bibbia a scuola ha senso culturale (e quindi formativo) se viene inteso come «storia degli effetti» (Wirkungsgeschichte) letterari, storici, artistici, filosofici e scientifici che il testo biblico ha determinato. Ciò significa considerare la Bibbia per ciò che è: un «classico» della culturale occidentale (il Grande codice dell´ Occidente, secondo la nota definizione di N. Frye)[14]. Per dare seguito a questo invito, ai tempi del ministro Berlinguer, è stata firmata una Convenzione con il Ministero della Pubblica Istruzione per l´elaborazione di percorsi didattici ad hoc da inserire nella programmazione didattica. Dal momento che l´avvento della ministra Moratti ha congelato il tutto, l´Associazione ha da poco lanciato un appello[15] quale estremo tentativo di rilanciare l´iniziativa.

 

-        Molto interessante anche il progetto elaborato nel 1995 dall´IRRSAE Puglia, intitolato Curricolo delle religioni[16] e pensato come proposta di aggiornamento per tutti gli insegnanti (non solo per quelli dell´IRC). Nell´intento di «gettare ponti su abissi di mutua ignoranza», come afferma Anna Portoghese nel saggio Ipotesi di curricolo delle religioni, viene elaborato un approccio didattico essenzialmente descrittivo e fenomenologico, cer­cando di riprendere e comparare i contenuti essenziali delle religioni tratti dai racconti di esperienze fondanti e dai miti delle origini, dai riti, dall'ethos, dalle fonti scritte, il tutto nel quadro di una prospettiva pluri- e interdisciplinare[17].

 

-        Tra fine 1997 e inizio 1998, Sergio De Carli, neopresidente dell´ANIR (Associazione Nazionale Insegnanti di Religione), costituisce, d´intesa con il Ministero della Pubblica Istruzione, un gruppo di lavoro (Gruppo CultuRe) con l´obiettivo di migliore il livello qualitativo dell´istruzione religiosa nelle scuole italiane inserendola in più ampio orizzonte culturale. Anche questo tentativo ha dovuto fare i conti con un cambio di governo (Prodi 1998) e quindi è rimasto lettera morta[18].

 

-        Con il significativo titolo È l´ora delle religioni? La scuola e il mosaico delle fedi[19] la rivista dei padri Saveriani CEM Mondialità ha promosso un convegno a Brescia nell´aprile 2002, dedicato ad una riflessione sull´insegnamento della religione in un contesto sempre più multiculturale e multireligioso (da qui la declinazione al plurale di religioni). Nella memoria programmatica presentata al termine del convegno, dopo aver sottolineato che «in una fase storica contrassegnata dal protagonismo e dal pluralismo del religioso e delle religioni, la scuola e le istituzioni educative debbono farsi carico di una "alfabetizzazione del sacro" indispensabile per comprendere i processi culturali, sociali e politici in atto su scala planetaria", si afferma a chiare lettere: «È necessario puntare ad un insegnamento aconfessionale delle religioni nella scuola pubblica, curriculare, obbligatorio e quindi non alternativo all'IRC: un´ora delle religioni attorno alla quale avviare un dibattito senza ideologie né timori preconcetti. Si tratta di un imperativo ormai non più eludibile, per una società moderna, plurale, europea e planetaria».

 

-        Un altro convegno molto significativo, anche per il livello internazionale dei partecipanti[20], si è svolto in Campidoglio a Roma, nel febbraio 2004, organizzato dalla Consigliera delegata del sindaco alle politiche della multietnicità Franca Eckert Coen e dalla Consulta delle Religioni di Roma. Il titolo del Convegno era: L´insegnamento della religione a scuola[21]. All´interno di questo convegno, Flavio Pajer ha avanzato una proposta in questi termini:

 

«In questa Europa che va unificando paesi e mercati, che fa incontrare lingue e culture diverse, non appaiono ancora segni tangibili di una unificazione della memoria dei diversi patrimoni simbolico-religiosi. L'educazione scolastica, da questo punto di vista, rimane tutt´oggi estremamente frammentaria e provinciale, perché legata sostanzialmente all'una o all'altra di quelle province culturali che corrispondono grosso modo alle principali con­fessioni, che sono il cattolicesimo romano, l´ortodossia, il protestantesimo, l´anglicanesimo. Alla frammentarietà delle "culture cristiane" e alle permanenti presenze secolari di cultura ebraica ed islamica si è aggiunta la "cultura laica" della modernità. Ebbene, che cosa potrebbe fare la scuola di tutti per trasmettere alle nuove generazioni di europei questo ­patrimonio di storia e cultura religiosa? Non sarebbe il caso di pensare ad esempio, a un syllabus comune di cultura storica-simbolico-religiosa, che, scevro da tentazioni enciclopediche o sincretiste, raccolga critica­mente e organicamente dati storici ed empirici, simboli e testi, riti e pra­tiche, concetti e interpretazioni, etiche e valori..., da integrare nei programmi dell´educazione di base di tutti gli alunni dell'Europa dei Venti­cinque? Non penso a un programma di cultura religiosa transconfessio­nale che debba necessariamente sostituire gli attuali corsi confessionali ­presenti nei vari sistemi educativi nazionali, e nemmeno porsi in un di­scutibile parallelismo con tali corsi, ma penso piuttosto a uno "zoccolo comune dei fondamentali della cultura religiosa", non estraneo ma trasversale alle culture confessionali e alle stesse discipline scolastiche, in modo da facilitare quella auspicata "paideia europea", capace di conci­liare fin dagli anni di scuola l´eventuale adesione ai valori e ai compor­tamenti della confessione di appartenenza con una visione insieme plu­rale, laica, dialogante, ma anche storicamente e scientificamente aggior­nata, del patrimonio religioso europeo. Vedrei questo come uno dei com­piti urgenti e prioritari della scuola di domani, certo da non improvvi­sare come è successo in tentativi analoghi, e che chiederebbe per lo me­no la collaborazione congiunta - a livello europeo - di disciplinaristi del­la scuola, di esperti in scienze accademiche della religione, non senza un consenso di massima degli esponenti qualificati delle organizzazioni re­ligiose interessate al progetto»[22].

 

-        Da ultimo la proposta, avanzata dall´Associazione 31 ottobre nel corso di un convegno svoltosi  a Roma nell´aprile 2003 (Scuola e laicità. Per uno studio delle «religioni nella storia») e raccolta in un Dossier presentato alla stampa nel novembre dello stesso anno[23]. Ridotta nei termini essenziali, la proposta mira ad inserire nei laboratori previsti dalla Riforma Moratti lo studio di una disciplina (denominata religioni nella storia), che della "disciplina" abbia le caratteristiche: il riferimento allo studio, cioè al carattere non improvvisato né ingenuo delle osservazioni e delle metodologie, e il riferimento alla disciplinarietà, cioè all´attiva partecipazione dell´allievo alla costruzione del sapere, che diventa ricerca e, quindi, formazione di sé, in un senso certamente teorico e culturale, ma anche operativo e sperimentale. In tale prospettiva si privilegia l´acquisizione delle competenze sulla sistematicità degli obiettivi di apprendimento, la ricerca e la sperimentazione sull´aspetto "frontale" dell´insegnamento. Religioni nella storia dovrebbe così risultare non l´ennesima materia da studiare entro un panorama già troppo affollato di nozioni, ma, inserita nei Laboratori previsti dalla Riforma Mortati, un´occasione di ampliamento e decentramento del proprio punto di osservazione, il cui esito dovrebbe puntare sull´apertura e la diversificazione metodologica rispetto all´uniformità e alla sistematicità.

 

5. conclusioni: gli ostacoli e gli auspici

Il cantiere è dunque aperto e i lavori fervono. Come detto, sull´esigenza di colmare il pozzo di ignoranza che regna circa il fatto religioso e sulla necessità di rafforzare la competenza religiosa esiste un consenso generalizzato e transconfessionale (sia pure ad un livello ristretto). Gli ostacoli da superare sono - a mio parere - fondamentalmente due:

a. la chiusura di chi non si rassegna a mantenere il proprio monopolio confessionale sull´ insegnamento religioso, riducendolo, se non de iure, quantomeno de facto, ad una funzione di supplenza della scuola di fronte alle carenze "catechetiche" delle comunità di fede;

b. l´instabilità della politica scolastica italiana (quante delle proposte succitate sono morte a seguito del cambio di una colazione di governo!) che determina un clima di improvvisazione, legata a scelte di schieramento, a scapito di una riflessione pedagogia di più ampio respiro.

Se in Italia fosse acquisita l´idea del carattere laico e democratico dello stato (e quindi della scuola) per effetto del quale il privilegio della confessione maggioritaria non avrebbe motivo né di esistere né di essere rivendicato, allora sarebbe più facile un consenso su un punto fondamentale: che le chiese non devono pretendere di servirsi della scuola per fini propri e che la scuola deve considerare suo compito irrinunciabile garantire a tutti (in questo consiste la sua dimensione pubblica) un´adeguata competenza religiosa.

 

DIBATTITO

 

Ora di religione e curriculum scolastico: occasione di crescita o mito educativo?

Roberto Ferro

Presidente Associazione Il Semaforo Blu - Milano

 

 

Puntualmente, ogni anno la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) nella persona del suo massimo rappresentante, il cardinale Camillo Ruini, celebra un rito affatto piacevole. Dopo aver elencato l´ennesimo successo della campagna per l´otto per mille e la diffusione dell´associazionismo cattolico, il volto del porporato si trasforma e compare un velo di amarezza. Nel corso degli ultimi anni, alla pari del Governatore della Banca d´Italia quando descrive lo stato di salute del nostro Paese, il Cardinale, lancia un appello allo Stato Italiano, in particolare al Ministro della Pubblica Istruzione, "affinché si fronteggi nel modo più energico e rapido possibile la caduta di valori che colpisce tanta parte della nostra gioventù".

I dati a nostra disposizione sono semplici e significativi. Alle elementari la percentuale delle richieste di esenzione dall´insegnamento dall´ora di religione denota una tendenza all´aumento; nell´Italia settentrionale si raggiungono punte del 12% - 15%. Alle superiori, quando i ragazzi e le ragazze sono autorizzati a decidere autonomamente l´esenzione, le percentuali aumentano vertiginosamente, sino a raggiungere il 50% nelle aree metropolitane, mentre in "provincia" si riportano percentuali comprese tra il 25% ed il 30% degli alunni frequentanti.

Molteplici sono le interpretazioni che la Conferenza Episcopale Italiana tenta di dare a questo fenomeno. Alcuni vi riconoscono innanzi tutto una valenza sociologica e culturale considerevole. Se i giovani fanno questa scelta - si argomenta con affabilità - questo dipende dalla scristianizzazione della società italiana, in particolari dall´assenza di valori delle famiglie, e dall´edonismo imperante. Da anni, si sottintende con argomentazioni più meno argute, l´affievolirsi dei "valori cristiani", in ambito scolastico dipende dalla concessione prematura della libera scelta ai ragazzi. Con un tono tra il burbero e l´accattivante, Ruini ha lungamente espresso due esigenze:

 

q       Un aumento del numero di ore di religione (cattolica, ovviamente, e obbligatoria) da inserire nel curriculum scolastico.

q       La creazione di una cultura nazionale sociale e familiare nella quale il fatto religioso cattolico tradizionale si disponga come centrale.  

 

A mio modesto parere, la "riforma" Moratti si presta magnificamente all´assolvimento di questo compito "rieducativo" di ampia portata, proprio perché in essa la difesa delle tradizioni non è mai esplicitata ma appena accennata, fatta intuire più che imposta. La restrizione delle conoscenze attuato sulla base di censo, la suddivisione parcellizzata dei "saperi", l´eliminazione degli aspetti "più esplicitamente laici" del curriculum (si pensi alla dura lotta per mantenere l´insegnamento di Darwin nel curriculum scolastico), tutto ciò denota un preciso progetto culturale e sociale nel quale il ruolo svolto dall´ora di religione assume un ruolo simbolico molto più che di vera e propria rilevanza curriculare.

Un primo aspetto "moralistico", il più insidioso è, tuttavia, quella avanzato dalle gerarchie ecclesiastiche: "La causa fondamentale del disagio giovanile risiede nel fatto di non frequentare alcun luogo a base religiosa (chiesa, oratorio...) e di non credere più in Dio".

Non dobbiamo sottovalutare l´impatto mediatico di questo enunciato perché esso è uno dei luoghi comuni più saldamente radicati nel cosiddetto "buon senso" popolare. Ci sorprende che un´istituzione due volte millenaria quale è la Chiesa Cattolica debba ricorrere a giustificazioni così "deboli" per impostare una riflessione sul mondo giovanile. Molti insegnanti e genitori ricorderanno ancora le affermazione della Ministra Letizia Moratti in alcune occasioni particolarmente significative, per esempio al Forum Europeo delle Associazioni Familiari organizzato non a caso a San Patrignano, la "città delle tossicodipendenze" (lautamente sovvenzionata dalla Ministra). La successione logica - famiglia - caduta dei valori - disagio giovanile - intervento di educazione morale e religiosa furono ribaditi con particolare veemenza dalla Ministra, dal Cardinale Tonini, da Don Gelmini e Muccioli.

Questi enunciati ci interrogano a fondo, perché rischiano di attribuire alla fede un ruolo incongruo e strumentale. La fede non è "terapeutica" ma consente di affrontare le molteplici difficoltà della vita. Inoltre, è possibile "insegnare" la fede a partire da qualche ora di religione? E cosa ancora più importante, religiosità e religione sono termini coincidenti?

Quando parliamo con i ragazzi dobbiamo tenere a mente la distinzione tra fede in Dio e religiosità.

La prima è, a mio parere, un atto maturo di crescita, un affidarsi alla voce di Dio, un porsi continuo in ascolto del Suo richiamo. Per farla breve, la Fede è un dono di Dio.

Ancor diversa è la conoscenza degli elementi rituali e storici presenti nelle religioni codificate.

La religiosità è, invece, un imparare ad elevarsi, un abituarsi ad osservare nell´opera dell´Uomo, della Natura l´armonia che modera la casualità della vita e degli eventi naturali. E´ possibile rintracciare nel succedersi più o meno caotico degli eventi storici e naturali il segno della Parola divina aderendo a qualsiasi religione rivelata o non rientrando specificatamente in nessuna di esse,

Esiste sicuramente una correlazione tra religiosità e fede, nel senso che la prima può preparare (non necessariamente prepara) l´humus ad una Fede matura ed equilibrata. La Parola di Dio si può esprimere in qualsiasi momento della vita dell´Uomo, anche pochi attimi prima della morte, e l´Uomo anche in questi momenti supremi, può trovare ascolto e misericordia presso Dio. Questa eventualità ci costringe ad essere umili nelle nostre pretese di educatori. E´ tuttavia su questa condizione che maggiormente si è stretta nel corso degli ultimi anni la morsa della "riconquista" ecclesiastica e ministeriale diretta ai giovani studenti, tramite il ricorso ad una sapiente regia mass-mediatica.

Per uscire da questa ambigua spinta al conformismo, noi tutti, educatori, insegnanti e genitori, abbiamo bisogno di compiere due passi fondamentali:

 

q       Dimostrare con i fatti (e non solo con le parole) una concreta fiducia nei giovani, accettando quanto di "normale" ci propongono ma anche le loro provocazioni.

q       Ampliare il nostro punto di vista per costruire assieme ai ragazzi un rapporto autentico ed un percorso di crescita valorizzante le loro risorse personali.

 

Nell´incontrare i giovani dobbiamo trovare il coraggio di sentirci provocati, sorpresi a volte imbarazzati. Tanti, troppi pensieri sono intrisi di un´intima sfiducia nelle loro capacità. Da un lato li si invita "a non temere di manifestare la propria fede, a porre ed a porsi domande sul senso della vita" - propositi teoricamente condivisibili - e dall´altra li si obbliga, per il bene della società, "ad assumere comportamenti religiosi adeguati e tradizionali". Per dare un´idea della distorsione del rapporto tra religione ubbidienza e giovani, riporto un episodio emblematico verificatosi nel nostro Paese quasi 10 anni or sono.

 

Nel corso di una cerimonia imponente alla presenza di Papa Giovanni Paolo II un ragazzo (accuratamente selezionato tra le tante parrocchie) doveva pronunciare solo poche righe di circostanza preparate, a mio parere, da qualche segretario zelante. Il giovane, invece, improvvisamente chiese al Pontefice (il Papa "aperto al dialogo con i giovani"), del perché "la Chiesa non donasse tutte le proprie ricchezze ai poveri" e "non condannasse con più forza la corruzione dilagante nella politica" (Si viveva in quegli anni il clima dell´inchiesta "Mani Pulite"). Non solo l´illustre Ospite ma la Curia all´unisono, quasi tutti i mass-media italiani (anche giornali apparentemente laici) furono scandalizzati dal senso delle parole di un giovane indifeso che aveva colto la sostanza rivoluzionaria della predicazione di Cristo. Ancor più che amaro fu quanto seguì il gesto provocatorio. Questo ragazzo, aspramente redarguito, immagino, dai genitori prima, dal parroco e dal cardinale Ruini poi, fu infine ricevuto in udienza pubblica in Vaticano per scusarsi pubblicamente. Da allora, immagino, i controlli sui giovani nelle occasioni pubbliche del Pontefice sono stati ulteriormente rafforzati!

 

Focalizzarsi sull´espressione religiosa tradizionale rischia di confondere gli adulti (insegnanti e genitori, tra tutti), i quali riversano sugli allievi e sui figli questo confine oscuro tra religiosità, religione e fede. I ragazzi crescono, maturano, pongono domande, e nulla può essere fatto di duraturo se non si tiene conto di questi processi di crescita e di libertà. La conoscenza di sé e del proprio mondo interiore; la confidenza nella relazione con i pari, i genitori e gli insegnanti; la capacità di affrontare le emozioni e gli affetti; la scoperta delle funzioni superiori alla base dell´astrazione, del simbolismo e della spiritualità...Tutti questi elementi consentono di contrassegnare il processo di crescita.

Possiamo denominare tutti questi elementi costitutivi, ricorrendo per una volta ad una terminologia Inglese, "Abilità di vita" o "Skills for Life". In questa prospettiva l´obiettivo non è l´acquisizione passiva di certe nozioni da parte del ragazzo ma la valorizzazione delle risorse personali destinate ad accrescere il livello di salute. Alla base di questa sperimentazione delle abilità di vita si pone "il livello di autostima e di confidenza nelle proprie potenzialità". E´ esattamente l´opposto di quanto atteso dal Cardinale Ruini e dalla riforma Moratti.

Per aiutare i ragazzi a crescere non solo fisicamente ma anche spiritualmente, è necessario che genitori ed insegnanti si alleino nella lettura degli aspetti "nobili", simbolici, rappresentativi e spirituali di figli ed allievi, ad iniziare dalle materie costitutive del curriculum scolastico e nel corso di tutto il percorso scolastico. Pensiamo alla cacofonia ed alla povertà del linguaggio informatizzato rispetto alla musicalità della poesia; all´armonia dei numeri e delle proporzioni geometriche se comparata alla massa di cifre che quotidianamente ci assale; ai colori ed al profumo dei fiori, all´armonia dei favi delle api... Non idealizzo e comprendo quanto sia complesso relazionarsi con i giovani senza ricorrere alla pressione dell´autorità ma è uno sforzo che vale la pena compiere.

Nessun ragazzo, a mio avviso, è del tutto indifferente ad una delle innumerevoli forme di "bello" esistenti nel nostro mondo. L´unica scelta potenzialmente dannosa potrebbe riferirsi alla "coercizione al religioso" propugnata dai neo-conservatori.

 

Vorrei concludere con una dimensione di viaggio personale da dedicare ai nostri ragazzi. Marguerite Yourcenar attribuisce all´Imperatore Adriano:

 

"Ma io facevo di tutto per non avere alcun pregiudizio e pochissime abitudini. Apprezzavo la delizia di un letto soffice, ma anche il contatto, l´odore stesso della nuda terra, la disuguaglianza di ogni segmento della circonferenza del mondo. Ero avvezzo alla varietà degli alimenti, all´orzo britannico ed ai frutti africani. Un giorno, mi capitò di assaggiare persino la selvaggina semiputrefatta, considerata una ghiottoneria presso certe tribù germaniche; la rigettai, ma l´esperienza fu tentata..." (Memorie di Adriano, p. 117).

 

Solo a questo punto potremo, se mai, indifferentemente giovani ed anziani, insegnanti, genitori ed alunni, affermare:

 

"Anima mia impalpabile e vaga

Ospite e compagna del corpo..."

 

 

 

L´INVITO

 

Leonardo Zanier

 

 

Il poeta Leo Zanier in una recente immagine

scattata dal figlio, il fotografo Luca Zanier

 


Introduzione e moderazione:

Mevina Puorger

 

 

Martedì, 6 marzo 2007

ore 19.00

 

Ristorante Cooperativo

Strassburgstrasse 5

8004 Zürich

(Tram: fermata Stauffacher)

 

Ingresso libero




       


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